Il gip del Tribunale di Trani ha adottato, su richiesta della locale Procura della Repubblica, un’ordinanza cautelare nei confronti di 14 persone nell’ambito di un procedimento per reati contro la Pubblica Amministrazione che vede indagate 17 persone tra persone fisiche ed enti. Questa mattina i finanzieri di tutti i reparti del Comando Provinciale della Bat stanno eseguendo i provvedimenti.
In particolare, sono state disposte 4 misure di custodia cautelare in carcere, 5 degli arresti domiciliari, un obbligo di dimora, 3 di divieto di contrarre con la Pubblica Amministrazione e un provvedimento di sospensione dall’esercizio del pubblico ufficio e di interdizione dalla funzione pubblica per 6 mesi.
Sono state disposte diverse tipologie di sequestro preventivo nei confronti di 13 indagati, residenti nelle Province di Bat, Bari, Salerno e di un’impresa esercente l’attività di studi di ingegneria di Barletta.
Il giudice ha dato atto che l’accettazione di utilità e/o denaro da parte dei pubblici ufficiali costituisce un vulnus nel sistema della pubblica amministrazione poiché piega l’esercizio della discrezionalità amministrativa all’interesse privato in modo difforme da quello che sarebbe stato o dovrebbe essere suggerito dall’equilibrata e disinteressata valutazione della situazione. Le indagini hanno dunque tratteggiato, con riferimento alla particolare gravità dei fatti per cui si procede, avuto riguardo al numero ed alla sequenza temporale di commissione degli stessi, un autentico sistema, in grado di riprodursi illimitatamente nel tempo, grazie anche alle collaudate modalità esecutive delle condotte criminose. Oltre alla gravità, serialità e sistematicità dei fatti stessi, il giudice ha enfatizzato la commissione dei reati da parte di dirigenti pubblici con funzioni apicali, ravvisando gli estremi di un meccanismo oliato pronto a funzionare in una pluralità di casi, già noto e sperimentato da più appaltatori.
I provvedimenti giudiziari scaturiscono dall’esito di una complessa indagine di polizia giudiziaria, protrattasi per oltre due anni, delegata in prima battuta al Gruppo Barletta e successivamente approfondita dagli investigatori del Nucleo PEF, reparto investigativo competente sull’intera provincia, che ha permesso di accertare l’esistenza di ripetuti meccanismi fraudolenti perpetrati da pubblici ufficiali con ruoli apicali dell’ Ente Provincia BAT e dalle imprese fornitrici di beni e servizi nei confronti della Pubblica Amministrazione.
Le indagini sulla discarica di rifiuti speciali non pericolosi Cobema di Canosa di Puglia hanno consentito di far emergere plurime ed eterogenee condotte delittuose, commesse dai PP.UU. del citato Ente locale, in diversi settori. Con la redazione di atti viziati da falsità materiale ed ideologica, infatti, è stata ripetutamente turbata, secondo quanto ritenuto dal gip, la libertà degli incanti, facendo convergere la scelta della P.A. su taluni liberi professionisti, destinatari di affidamenti diretti di commesse di importo “sotto soglia”, omettendo altresì di far emergere l’esistenza di palesi conflitti di interesse in cambio di plurime utilità: somme di denaro, consulenze private rese dai citati professionisti, lavori edilizi in abitazioni private, promessi di posti di lavoro, percorsi benessere, noleggio gratuito di mezzi, pranzi e cene ecc.
Le dazioni di denaro, erogate dai professionisti che beneficiavano delle commesse pubbliche, sono state drenate, in più occasioni, da una Società tra Professionisti (STP) riconducibile ad uno dei pubblici ufficiali indagati; in altri casi, è stato documentato il trasferimento brevi manu.
Tutti i reati sono stati commessi in violazione della funzione pubblica e delle regole imposte dalle normative anticorruzione, in quanto, nella maggior parte dei casi, sarebbero stati taciuti i rapporti tra i pubblici ufficiali con i beneficiari delle commesse, dichiarando falsamente l’inesistenza di conflitti di interesse, anche meramente potenziali.
L’incipit dell’intera operazione riguarda una ipotesi di frode processuale nell’ambito delle attività relative all’incidente probatorio afferente ad un distinto procedimento penale per reati ambientali già oggetto di procedura di Infrazione Comunitaria.
I lavori di chiusura definitiva e delle attività di post-gestione della discarica in argomento, venivano affidati dall’ente Provincia BAT, con gara ad evidenza pubblica, senza comunicare l’inizio dei lavori al Comune di Canosa di Puglia, alla proprietà del sito e/o all’amministratore giudiziario, nonostante fosse nota la pendenza del citato procedimento penale per reati ambientali. I lavori erano stati preceduti da preliminari indagini ambientali ad opera di un professionista, il quale ha retrocesso parte dei compensi corrispostigli dall’ente verso l’impresa del coniuge del dirigente competente all’affidamento dell’incarico. Il patto corruttivo si è consumato con il silenzio del dirigente sull’affidamento fraudolento e sulla parziale indagine conoscitiva afferente allo stato dell’impianto e alle matrici ambientali.
La condotta del dirigente, (tra l’altro presidente del Comitato Tecnico Provinciale per le Materie Ambientali della Provincia Bat) è risultata, tra l’altro, strumentale alla soluzione di una vertenza del medesimo Ente pubblico con la Corte dei Conti, per una omessa fideiussione dovuta dai gestori “storici” della discarica Cobema, già indagati in altro procedimento penale per inquinamento ambientale.
Di seguito sono elencati solo alcuni tra i più significativi episodi illeciti emersi dalle intercettazioni delle conversazioni intrattenute tra gli indagati, utilizzando utilizzando un linguaggio criptico o convenzionalmente predeterminato.
Particolarmente significativa è la captazione di una ripresa video nella quale un dirigente comunica il numero tre (corrispondente al 3% del valore di una commessa) mostrando le estremità di una spillatrice; il significato del gesto viene perfettamente percepito dal suo interlocutore (imprenditore), il quale, per confermare di aver compreso, solleva le prime tre dita della mano destra.
In un altro episodio, il medesimo dirigente aveva sottoscritto la determina di affida-mento dei lavori ad un imprenditore salernitano, da questi ricevendo, mediante l’interposizione della società del proprio figlio, risorse finanziarie; la connessione tra il dirigente e il figlio dell’imprenditore si evince dalle seguenti interlocuzioni:
Figlio: “Hai detto anche quanto prendiamo?”
Padre: ”Immagina lui..(..).. non ho parlato di percentuale”
F: ”È andato a botta sicura sul 5%… (…) ”pensava che io e te fossimo una squadra”.
La successiva attività di riscontro della conversazione, eseguita mediante una perquisizione dell’autovettura in uso all’imprenditore, consentiva il rinvenimento di 4.400 euro in contanti, corrispondenti proprio al 5% del valore dell’affidamento.
Ancora lo stesso dirigente, nell’ambito della vendita dell’immobile “ex area mattatoio” presso il comune di Terlizzi, ha turbato la relativa procedura d’asta consentendo ad un imprenditore di Andria di aggiudicarsi l’immobile ad un prezzo decisamente inferiore (635.000 euro) rispetto al suo valore (804.000 euro); l’imprenditore, quale prezzo della condotta illecita ha successivamente ricompensato il dirigente con 100.000 euro, simulando un preliminare di compravendita relativo ad un immobile intestato al coniuge di quest’ultimo.
In relazione ad un altro P.U. attinto da misura cautelare in carcere, è stato accertato che un imprenditore, in cambio di alcuni lavori di ristrutturazione presso la sua abita-zione, chiedeva in contropartita, un affidamento da parte dell’Ente Provincia Bat. L’accordo si perfezionava nel momento in cui, il pubblico ufficiale, senza che alcuna preventiva ricognizione dei lavori da eseguire fosse avvenuta, indicava all’imprenditore l’importo da indicare nel preventivo “metti 8.000,00… (…)… tanto mo poi te lo correggo io e ti dico io come…mo mandami la bozza e ti dico io poi come lo devi correggere e te lo rimando”; in tale contesto, inoltre, è stato rilevato come l’incari-co viziato sia stato formalmente affidato ad un altro imprenditore connivente di Bari, il quale, una volta ricevuto dall’Ente il pagamento della prestazione, lo “splittava” all’esecutore effettivo dei lavori, mediante il pagamento di una falsa fattura relativa a lavori idraulici presso il comune di Mola di Bari, in realtà mai avvenuti.
Due dei professionisti raggiunti dalla misura cautelare, inoltre, di cui uno legale rap-presentante dello studio professionale di Barletta, oltre ad aver realizzato condotte corruttive, hanno falsamente attestato di aver effettuato un collaudo di un cavalcavia ferroviario nella provincia di Brindisi: “eh vedi, vedi che data è nel caso, sennò metti la data di novembre e la facciamo” (..) “novembre, dicembre, sii, metti dicembre (..) ok? Poi mandami la data dammi la data..(..) utilizziamo la stessa tattica (..)”. L’ingegnere collaudatore barlettano è risultato essere, tra l’altro, il professionista di riferimento dell’imprenditore andriese incaricato dei lavori presso il citato cavalcavia; quest’ultimo, aggiudicatario di appalti anche della provincia BAT, si è avvalso del cita-to professionista, definito “uomo cerniera” per attivare il flusso corruttivo dirigente – professionista – imprenditore, realizzando così la connessione tra l’Ente pubblico e il mondo imprenditoriale.
Anche sui lavori di messa in sicurezza della discarica “Puro Vecchio” di Trani, è emerso l’intreccio “commerciale” di connivenze tra pubblici ufficiali, professionisti e imprenditori: all’esito della gara relativa alla messa in sicurezza della citata discarica, il dirigente pubblico in servizio presso il comune di Trani, nel ruolo di membro della commissione di gara, ha ricevuto dall’imprenditore affidatario del citato appalto, una Mercedes GLA220 cdi usata del valore stimato di 15.435 euro, corrispondendo un prezzo “simbolico” di 1.500 euro; in tale occasione tutti i protagonisti hanno omesso di palesare i reciproci conflitti di interesse, attestando falsamente, l’assenza di incompatibilità, in spregio della normativa anticorruzione.
Il medesimo pubblico ufficiale, inoltre, al fine di ricevere gratuitamente per interessi personali una perizia agraria, ha affidato di fatto una commessa ad un agronomo formalmente diffidato a ricevere appalti dall’Ente, avvalendosi della società in house dello stesso comune. L’agronomo, consapevole che la perizia avrebbe costituito una incompatibilità col dirigente e di conseguenza pregiudicato futuri affidamenti, palesava a quest’ultimo l’intenzione di far sottoscrivere l’atto peritale ad un collega:
Agronomo: “Io la faccio firmare da un altro! Ho un collega fidato! (…) perché, perché siccome vabbè, ho vinto la gara per il censimento, però come direzione del lavoro per il verde pubblico, probabilmente non sappiamo… Poi sono di Trani!…”;
Dirigente: “Se c’è questa possibilità, gli dici che però mi fa la fattura, che io devo fare vedere la fattura…”
Agronomo: ”Vabbè allora facciamo una cosa più…siccome è un collega… vediamo! Lui ti fa un minimo di fattura e poi te li restituisce cash!”.
Infine, la finanza ricorda: “Si rappresenta che vige il principio della ‘presunzione di innocenza’, per cui la colpevolezza della persona sottoposta a giudizio in relazione alla presente vicenda potrà dirsi definitivamente accertata soltanto ove intervenga sentenza irrevocabile di condanna. Il provvedimento cautelare è, infatti, stato adottato nel corso delle indagini e non è definitivo. Gli indagati non possono oggi essere considerati colpevoli e il contributo della difesa consentirà di meglio chiarire i fatti e le eventuali responsabilità”.