“Felicità, bene comune, territorio. Riflessioni e suggestioni”, questo il titolo dell’incontro organizzato al Distum di Unifg che ha visto la partecipazione di monsignor Giorgio Ferretti arcivescovo della diocesi Foggia Bovino.
Nel corso dei lavori coordinati dalla professoressa Rossella Palmieri sono intervenuti la direttrice Barbara De Serio e i docenti Daniela Dato e Stefano Picciarella.
“In un periodo della mia vita in cui non sono stata nel pieno della felicità una persona a me molto cara mi ha indotto alla lettura di Ti voglio felice di Papa Francesco, del tutto casualmente nell’udienza col Monsignor Ferretti abbiamo condiviso delle riflessioni su questo scritto. La forza della felicità è l’unico strumento per combattere le brutture. La felicità è bellezza”.
La direttrice ha letto un passo famoso della lettera del pontefice. “Scoprirai che essere felice non è avere una vita perfetta. Ma usa le lacrime per irrigare la tolleranza. Usa le tue sconfitte per addestrare la pazienza. Usa i tuoi errori con la serenità dello scultore. Usa il dolore per intonare il piacere. Usa gli ostacoli per aprire le finestre dell’intelligenza. Non mollare mai… Soprattutto non mollare mai le persone che ti amano. Non rinunciare mai alla felicità, perché la vita è uno spettacolo incredibile”.
Dal suo canto Palmieri ha citato invece Erodoto, Baumann e Giorgio Parisi con il suo “Gradini che non finiscono mai”, laddove la pedagogista Daniela Dato si è avvalsa del lavoro del sociologo Sabino Acquaviva che ha studiato la felicità nella politica e l’hegeliano rapporto necessario tra rigore scientifico e approccio poetico.
“C’è una insostenibilità delle relazioni, si genera una carestia di felicità. La felicità non è solo un fatto individuale ma è un bene pubblico e ce lo dicono anche le scienze. L’essere umano prima di essere un cercatore di beni deve essere un cercatore di senso, ha detto Papa Francesco.
“Occorre sostare nella crisi ed essere felici nel disordine.
Il complesso rapporto tra la Chiesa Cattolica, la guerra e la pace è stato il tema affrontato con grande coinvolgimento dal professore Stefano Picciarella. “La Santa Sede era parte attiva, nel Novecento si è trovata ad essere radicalmente contro la guerra, ritenuta sempre una blasfemia”
Il ripudio della guerra è per la Chiesa un fatto recente, attribuibile ai papi novecenteschi, che vicendevolmente hanno affermato che “Tutto è possibile con la pace, tutto è perduto con la guerra”, “Mai più gli uni contro gli altri”, “La guerra è una avventura senza ritorno”.
“Cosa è accaduto nel magistero della Chiesa? – si è chiesto l’accademico -. Certo la guerra è cambiata, è divenuta guerra ai civili, il 30 per cento dei morti nella Prima Guerra Mondiale era civile. Nella Prima Guerra d’Africa oltre il 90 per cento delle 5 milione di vittime erano civili”.
Vige ormai la diffusione della cultura del nemico con guerre inumane che fanno impazzire chi vi partecipa.
Gli “Scemi di guerra” erano chiamati coloro che manifestavano disturbi psichici.
Il dipartimento della difesa americano ha certificato che il 45 per cento dei militari impegnati in Irak manifestava disturbi psichici gravi.
Per la Chiesa la svolta arriva nel 1986 con lo Spirito di Assisi. “Il valore di quell’incontro si è colto anni dopo quando il mondo è scivolato nello scontro di civiltà”.
Con quali premesse si può esprimere che la felicità risiede nel fare il bene dentro la crisi della modernità, in cui è necessario dare senso al non senso?
La lezione di Monsignor Ferretti in tal senso è stata molto profonda, personale e tutta rivolta agli studenti e alle studentesse.
“Feci l’università a Genova alla facoltà di Filosofia. Genova è sempre stata una città molto polarizzata e l’università era divisa tra kantiani/ heideggeriani e tomisti. La cosa bella quando si hanno 20 anni è di avere la vita davanti. È una grande bellezza, e una grande incertezza, in un tempo che pone interrogativi difficili. Cosa sarà il pianeta tra 50 anni? E la guerra? Sta diventando sempre più inumana, arriva un drone sulla testa senza che ci sia qualcuno che lo sta guidando. Da studente come voi mi interrogavo sulla mia vita, su dove avrei lavorato, vissuto. Io ero abbastanza parcheggiato in una parrocchia di Genova, in un gruppo di giovani inerte. Un giorno venne il gruppo di Sant’Egidio e cominciarono a portare dei bambini rom e vidi per la prima volta dei bambini scalzi e chiesi di poter aiutare a fare per loro il doposcuola. Io chiesi di aiutare, poi mi portarono dagli anziani in un istituto. La mia vita si è modellata al di là delle mie ansie e dei miei incubi sul futuro. C’è stato un incanalarsi della mia vita verso una certa direzione. Non ho detto di no a seguire una strada di bene. E mi son ritrovato la grande grazia di diventare missionario in Mozambico. Sono stati gli anni più belli della mia vita e potrei raccontarvi del mio tempo in Africa. Fu una immersione e un abbandono totale alla richiesta delle persone in difficoltà: il senso della vita l’ho trovato nel fare il bene. Non mi auticelebro, ho seguito una strada, senza sacrificio non si prova felicità. La felicità non è nel guadagnare sempre di più sacrificando tutto per la carriera, anche se temo che la carriera l’ho anche fatta ma me l’hanno fatta fare, mi son sentito estirpato dal Mozambico”.
L’arcivescovo ha però detto di sentirsi già a casa a Foggia. “Lasciamoci portare, lasciamoci portare dal bene, con sacrificio. La pace è possibile. Io la guerra sempre accompagnato e vivendo la comunità di Sant’Egidio l’ho vista da vicino in Kosovo in Mozambico. La comunità di Sant’Egidio ha fatto la pace in Mozambico, senza canali ufficiali degli Stati. La guerra è la madre di tutte le povertà. C’è una bellezza nel dare C’è più beatitudine nel dare che nel ricevere, ho scritto nel mio messaggio. Negli atti degli apostoli San Paolo ha citato la gratitudine nel dare, che sono parole di Gesù. Le cose si incanalano anche un po’ da sole. Lasciamoci guidare ma non dal caso, ma dal bene. Non voglio dire ufficialmente lasciamoci guidare dal Signore. Sono straconvinto che l’egoista e il prepotente saranno sempre persone tristi, chi fa il bene nel suo lavoro, in famiglia, nella società è e sarà felice”.