Raffica di indagati per la presunta truffa all’Unione Europea sulla transumanza. Risale al settembre 2023 l’operazione “Transumanza” della Dda della procura di L’Aquila con la Guardia di Finanza di Pescara. Gli inquirenti scoprirono una serie di pascoli inesistenti in cambio di milioni di euro. Nelle carte del gip numerosi indagati, tutte della provincia di Foggia. Ma per il 44enne cerignolano Maurizio Lo Conte è stato accolto il ricorso ed annullati i reati contro il patrimonio con aggravante mafiosa.
“Con sentenza di recente pubblicazione – riporta una nota diramata dal diretto interessato -, la Corte di Cassazione di Roma, in merito al ricorso proposto da Maurizio Lo Conte, 45enne di Cerignola, ha annullato un’ordinanza del 19 ottobre 2023 con la quale il Tribunale di L’Aquila aveva rigettato la richiesta di riesame proposta nell’interesse dell’uomo avverso l’ordinanza del gip del Tribunale di L’Aquila dell’8 settembre 2023, con la quale gli era stata applicata la misura cautelare dell’obbligo di dimora nei Comune di residenza e del divieto temporaneo di esercitare l’attività di impresa e di assumere uffici direttivi di imprese e persone giuridiche per la durata di dodici mesi, reato di associazione a delinquere di cui al capo 1 della rubrica provvisoria, con l’aggravante di aver commesso il fatto al fine di favorire il clan Li Bergolis, associazione mafiosa operante in Puglia. All’indagato erano contestati inoltre numerosi reati contro il patrimonio relativi a presunte truffe all’Unione Europea per intascare milioni di euro di fondi pubblici per pascoli inesistenti”.
“In particolare – continua – si fa riferimento alla maxi – operazione ‘Transumanza’, condotta da Nord a Sud, dalla Guardia di Finanza di Pescara, diretta e coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura di L’Aquila, in merito ai numerosi reati contro il patrimonio. Faccio presente – evidenzia – che sono stati già annullati dal Tribunale del Riesame”.
Relativamente al ricorso proposto in Cassazione da Maurizio Lo Conte, in merito al reato di associazione mafiosa operante in Puglia la Cassazione spiega, che “nonostante l’ampia accezione del termine, è pur sempre necessario il collegamento finalistico fra l’azione delittuosa e una delle attività esterne dell’associazione, individuata, nel caso di specie, nel clan mafioso dei Li Bergolis. Sostiene a riguardo il tribunale che l’associazione a delinquere contestata al capo 1 sia diretta a favorire l’azione del sodalizio criminale sulla base di una prova certa, costituita dalle intercettazioni telefoniche del giugno 2020. Segue una sintesi del contenuto delle conversazioni di riferimento, prive non solo di richiami specifici ai dialoghi ma anche di attinenza con le attività del clan Li Bergolis, tale non potendosi ritenere ‘le questioni relative a una società di Tarantino Michela, figlia di Angelo o la preoccupazione del Beresi (coindagato per il reato sub 1) per le indagini della Guardia di Finanza a carico di componenti della famiglia di Angelo Tarantino, ritenuto appartenente all’associazione mafiosa (pagine 3 e 4 dell’ordinanza impugnata). Da qui, la Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza impugnata, alla configurazione dell’aggravante di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen. (aggravante dell’agevolazione mafiosa,ndr) e ha rinviato per nuovo giudizio al Tribunale di L’Aquila, competente ai sensi di legge”.