Tiene banco il caso della morte di Donato Monopoli, il cerignolano ucciso di botte in una discoteca di Foggia nel 2018. Il giovane morì a San Giovanni Rotondo dopo 7 mesi di agonia. L’altro giorno la pg, durante l’udienza di appello, ha chiesto di derubricare il reato da omicidio volontario a preterintenzionale chiedendo una riduzione di pena per gli imputati, i 29enni foggiani Francesco Stallone e Michele Verderosa, condannati in primo grado a 15 anni e 8 mesi e a 11 anni e 6 mesi. Secondo la procuratrice, Stallone va condannato a 10 anni e Verderosa a 7. Una notizia che ha gettato nello sconforto la famiglia di Donato: “Mi sento morto dentro, la vita di mio figlio vale 10 e 7 anni”, ha commentato papà Giuseppe. La sentenza è prevista il 20 marzo 2024.
Intanto, l’avvocata di Verderosa, la legale Maria Morelli, sulla base degli atti processuali, ha contattato l’Immediato per commentare le circostanze della relazione medica in cui a suo avviso si evincono “delle cose che fino ad oggi non sono mai state dette”.
Poi spiega: “I due colpi inferti sono stati blandi, tali da non poter provocare la rottura della Pica (l’arteria cerebellare inferiore posteriore, ndr) da cui è dipesa la prima emorragia che non ha portato alla morte. Il ragazzo ha avuto tre emorragie, l’ultima ha portato alla morte a seguito di un’infezione dovuta al tubo della respirazione”.
Morelli tiene a precisare che “Verderosa ha scritto una lettera ai genitori del povero Monopoli in cui manifestava il suo dolore per quanto accaduto, lo ha fatto nel periodo in cui non aveva l’avvocato, tra la revoca del vecchio avvocato e la mia nomina ma anche di questo gesto non è mai stato detto nulla. Inoltre Verderosa ha subito lesioni refertate dal pronto soccorso a seguito del litigio con un amico di Monopoli. Sono state due aggressioni diverse iniziate quasi contestualmente e non un’unica aggressione. Massimo rispetto per il ragazzo e per la famiglia. Però bisogna valutare la cause che ne hanno determinato la morte. La lite è un dato di fatto, ma bisogna accertare le motivazioni, chi ha iniziato per accertare eventuali provocazioni e le cause della morte. Chi non ha rispettato la legge è giusto che paghi ma per quello che effettivamente è stato”, conclude l’avvocata.