La Regione Puglia modifica i criteri per la programmazione delle prestazioni sanitarie e mette in crisi le cliniche private. Con la conseguenza che i costi di molte delle attività finora a carico del pubblico, saranno interamente sostenute dai cittadini. Non certo per volontà dei laboratori, visto che dal punto di vista economico per loro non cambia nulla. Anzi, con il rimborso eviterebbero le proteste degli utenti che nelle ultime settimane hanno mostrato tutto il disappunto per gil effetti di queste nuove linee guida. “Non guadagniamo di più, i clienti pagano lo stesso ticket sia da noi che nel pubblico, non c’è differenza, e quello che è gratis nel pubblico è gratis anche da noi”, fanno sapere dai centri dal territorio. “Per il cittadino è uguale, ha libera scelta ‘fino’ al raggiungimento dei tetti di spesa”, aggiungono. Il problema a breve potrebbe estendersi anche a tac e risonanze.
Le liste d’attesa lunghissime nel pubblico, infatti, avevano fatto aumentare la richiesta verso i privati convenzionati. Ora, con una nota del dipartimento della Salute, firmata dal responsabile Vito Montanaro e dall’assessore alla Sanità Rocco Palese, il disagio potrebbe allargarsi.
Fino a qualche tempo fa, l’esaurimento del tetto di spesa stabilito annualmente per i singoli ospedali privati si esauriva solitamente nei mesi di novembre e dicembre, senza importanti ripercussioni sulle tasche degli utenti perché, a consuntivo, le cliniche chiedevano a Bari la disponibilità di risorse residue per il rimborso dell’extra. Ciò era possibile anche in virtù dell’emergenza Covid, terminata a marzo scorso.
Perciò, d’ora in poi, la ripartizione sarà fatta con cadenza quadrimestrale (gennaio-aprile; maggio-agosto e settembre-dicembre). Per intenderci, se in primavera le attività autorizzate per il periodo saranno esaurite, il cittadino si ritroverà a pagare l’intera prestazione alla struttura. L’alternativa? Andar via, in altre province o regioni, alimentando così il circolo vizioso della mobilità passiva: i viaggi della speranza che costano di più ai pazienti e alle casse pubbliche.
“Il limite finanziario ripartito per ogni singola disciplina – scrive la Regione – può intendersi modificabile, esclusivamente, a seguito di esplicita formale richiesta del committente, con possibilità di scorrimento, nei limiti massimi del 20% dei tetto di spesa invalicabile di remunerazione di ogni singola disciplina e comunque nell’ambito dei percorsi diagnostici terapeutici condivisi”.
Chi sforerà questi parametri si esporrà a sanzioni. “Nel caso di acquisto della massima potenzialità erogativa (100%) – precisano da Bari -, i ricoveri che superano il 100% dell’indice occupazionale pro-die non saranno ammessi alle procedure di liquidazione e costituiranno valutazione non positiva per l’erogatore, sanzionabile nel rispetto delle prescrizioni di cui al co. 2 dell’art. 26 della L.R. n. 9/2017 e s.m.i.”. “L’erogatore – aggiungono – s’impegna a garantire la regolare e continua erogazione delle prestazioni per tutti i mesi dell’anno e conseguentemente l’equità dell’accesso al Sistema sanitario nazionale da parte di tutti i cittadini. Inoltre, dovrà garantire la corretta gestione delle liste d’attesa e l’utilizzazione del tetto annuale di spesa suddiviso per dodicesimi, con oscillazioni mensili ragionevoli, con l’obbligo per l’erogatore di recuperare la maggiore o minore erogazione, rispetto al valore economico del dodicesimo, nell’ambito del quadrimestre”.
“Siamo dalla parte dei cittadini – commentano dalla San Francesco Hospital di Foggia -, comprendiamo la difficoltà di accesso alle prestazioni a pagamento, ma non abbiamo alcuna responsabilità al riguardo. La clinica continuerà a garantire, come da standard di riferimento, tutte le prestazioni accreditate fino al tetto assegnato. Dopodiché, viste le recenti modifiche nei rapporti con la Regione, chiederà il pagamento integrale ai cittadini. Ci spiace per la situazione, ma siamo in enorme difficoltà nel garantire tutte le attività che ci vengono richieste”, concludono.