La criminalità organizzata strangola e annichilisce una città apatica, dove chi si ribella o nutre dubbi comincia a soffrire di insonnia, dentro una comunità che dorme continuamente, senza mai svegliarsi. Cosa farebbe un supereroe? Cosa farebbero Capitan America, Spiderman, Superman se qualcuno gli intimasse di vendere e cedere l’attività alla mafia?
Parte da questa suggestione il film di Roberto Moretto Vertical Man con protagonisti Roberto Galano nel ruolo di un coraggioso commerciante antiracket e Nicola Rignanese in quello del boss. Un film finanziato dal Gruppo Telesforo, in programmazione a La Città del Cinema di Foggia.
Nella pellicola c’è il meglio della recitazione e delle maestranze cinematografiche e musicali di Capitanata. Da Dino La Cecilia al maestro Enzo Marchetti. Da Sergio Grillo direttore della fotografia alla danzattrice Maggie Salice, passando per Fabio Maggio, Leonardo Losavio, Giuseppe Rascio, Francesca De Sandoli, Pilù Bevilacqua, Antonio Di Donna autore del testo radio letto da Umberto Mastromartino e tantissimi altri. Con le sound tracks Poro Poro di Tony Santagata, il brano di Konrad Iarussi, la musica classica suonata dal maestro Francesco Mastromatteo e la bellissima Accendini smarriti dei Fanoya sui titoli di coda.
“Noi ci abbiamo creduto, credeteci anche voi: Foggia non è solo degrado, malaffare e abbandono, la nostra città, il nostro territorio è pieno di eccellenze. È nostro preciso dovere aiutarle ad emergere perché trascinino dietro di loro tutta la città, una città verticale che non si farà radere al suolo dalla sua parte malata, che non accetterà mai di essere orizzontale. Crediamo in noi se vogliamo che anche altri lo facciano e che invece di fuggire come recita l’antico detto ‘fuggi da Foggia’ vengano ad investire qui creando opportunità di crescita per tutti”, hanno rimarcato dal Gruppo Telesforo con Fabrizia Telesforo presente alla prima.

“L’idea nasce da un incontro informale con Fabrizia Telesforo e Luca Vigilante insieme a Rocco Messaggero – ha osservato il regista e sceneggiatore Moretto -. Volevamo fare qualcosa che lasciasse un messaggio alla città. Da uno spot, un video emozionale, è diventato un lungometraggio. Spero che il messaggio arrivi forte e chiaro a tutti. Tutti possiamo essere forti, ma siamo anche critici nei confronti di chi è verticale ma non ha il coraggio di parlare. Le persone verticali sono tante, non sono poche, Foggia non vive in un clima mafioso ma in un clima di terrorismo. La gente ha paura di aprire un negozio, una attività. La paura blocca tutto, il non aprire l’attività favorisce questa situazione».
Emozionato Galano. L’anima del Teatro dei Limoni non aveva mai recitato in un ruolo così simbolico nella lotta alla mafia: “Ci aspettiamo che qualcuno ricominci a pensare con un pensiero critico per cambiare le cose – ha evidenziato -. La cosa più importante di questo film è il tentativo di cambiare, per creare una azione, che è il principio dell’attore, to act. Agire. Foggia ha bisogno di persone che agiscono, ognuno nel suo lavoro e nel suo mestiere. Noi non siamo politici o forze dell’ordine, ma possiamo ispirare. Mi piacerebbe sapere un giorno che abbiamo ispirato un pensiero diverso. Ho accettato perché è un bel film, il mio era un ruolo da protagonista, il regista è Roberto Moretto, che è un fratello per me ed era un atto d’amore per la città, sfido chiunque a dire di no. È difficile scegliere la strada giusta. Si può scegliere la strada sbagliata, ma si può sempre cambiare: niente è per sempre, si può cambiare, se riusciamo a lasciarci ispirare le cose possono cambiare. Non credo che questa città sia definitivamente morta, è agonizzante sì, ma non è morta. E il film ne è un esempio».
Nel film finzione e realtà, sogno e aspirazioni, simboli meridionali come la processione e i fumetti si incrociano. È possibile dire certe cose solo col surreale e con l’assurdo? “No, però è il nostro modo di dire le cose- replica Galano- ognuno deve fare il suo mestiere con le modalità per cui è bravo o con cui si sente a suo agio. Fare l’ennesimo film sulla mafia era complesso, forse non ne saremmo stati in grado, l’assurdo questo è il nostro linguaggio, parliamo la lingua che parliamo anche col teatro da 20 anni”.