Il timbro della Cassazione sulla mafia a Manfredonia. Pubblicata la sentenza relativa all’incandidabilità dell’ex sindaco Angelo Riccardi e dell’ex vicesindaco Salvatore Zingariello, entrambi al vertice dell’amministrazione comunale sciolta per infiltrazioni della criminalità organizzata nell’ottobre del 2019. Riguardo al primo cittadino si parla di “cattiva gestione della cosa pubblica”. Riccardi non avrebbe assunto, attraverso la sua amministrazione, “iniziative di contrasto alla criminalità organizzata” e avrebbe “omesso di assumere, sia pure solo per colpa, le determinazioni utili per rimediare ad ingerenze esterne e pressioni inquinanti derivanti da associazioni criminali, quantunque ereditate da precedenti consiliature”.
Giudici particolarmente duri con Zingariello, soprattutto alla luce dei rapporti dell’allora vicesindaco con il basista della strage di San Marco condannato in primo grado all’ergastolo per il quadruplice omicidio del 9 agosto 2017. La Cassazione evidenzia “le sue assidue frequentazioni (fotografie in atteggiamenti familiari anche in occasione di festeggiamenti per il suo successo elettorale del 2015, incontri di basket, soggiorno a Metaponto per una settimana presso la stessa struttura) con Giovanni Caterino, esponente di spicco di un’associazione criminale, il clan Li Bergolis e le intercettazioni telefoniche effettuate nell’ambito della strage di San Marco in Lamis rivelatrici dei rapporti fra i nuclei familiari dello Zingariello e l’esponente criminale in questione”. C’è inoltre “lo stretto legame fra suo fratello e il Caterino”.
“Particolarmente significativa – si legge ancora – appare l’intercettazione ambientale del 7 agosto 2018 tra Giovanni Caterino e un’altra persona laddove il primo, appreso dell’indagine in corso della DDA coinvolgente il sindaco, manifesta l’intenzione di riferirne a Salvatore Zingariello, che nell’occasione almeno fungeva da elemento di tramite e collegamento fra l’associazione criminale e l’amministrazione comunale”.
E ancora: “Non è infine privo di valore il rilievo della Corte barese che addebita al vicesindaco Zingariello la trasgressione dei doveri di vigilanza a fronte della conclamata cattiva gestione dell’amministrazione comunale, permeata da ingerenze criminose e oggettivamente asservita agli interessi malavitosi, che avrebbero dovuto condurlo almeno a segnalare le gravi situazioni in atto”.
Nel ricorso Zingariello non ha risparmiato la tecnostruttura, l’unica a non essere sfiorata da provvedimenti dopo lo scioglimento per mafia di un Comune: “Secondo il ricorrente incidentale (l’ex vicesindaco) i dirigenti comunali erano direttamente responsabili in via esclusiva della correttezza amministrativa, dell’efficienza e dei risultati della gestione, mentre i poteri di indirizzo e controllo competevano al sindaco (e non al vicesindaco) e nessuno degli atti censurati rientrava nel settore dei lavori pubblici per il quale lo Zingariello era assessore. L’art.107, comma 2, TUEL, nel disegnare le competenze dei dirigenti degli enti locali fa espressamente salve le funzioni di indirizzo e controllo politico-amministrativo degli organi di governo dell’ente”.
In conclusione la Cassazione scrive che i due politici non sarebbero riusciti “a contrastare efficacemente – ed è indubitabile che tale compito incomba sull’organo politico – ingerenze e pressioni delle organizzazioni criminali operanti nel territorio e, da un punto di vista oggettivo, avrebbero tenuto una condotta inefficiente, disattenta ed opaca che si è poi riflessa sulla cattiva gestione della cosa pubblica”. Incandidabilità confermata, dunque, anche nel terzo grado di giudizio. Riccardi ha annunciato che farà ricorso alla Corte europea. (In alto, Zingariello con Caterino ad un evento sportivo; al centro, l’ex vicesindaco durante la trasmissione “Mappe Criminali”; a destra, il Comune di Manfredonia e l’ex sindaco Riccardi nel riquadro)
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