Al via un nuovo congresso del Pd, che dovrebbe concludere i suoi lavori nel marzo 2023. Tutte le federazioni andranno a scadenza naturale. E anche quella di Capitanata dovrà essere rinnovata. “Ho maturato sin da prima delle elezioni del 25 settembre la decisione della mia non ricandidatura alla segreteria provinciale del Pd, la cui esperienza è cominciata nel 2017”, dice Lia Azzarone a l’Immediato. “La politica è fatta di cicli e il mio mio percorso si è consumato, tra errori e successi”.
Qual è stato il suo più grande errore?
Non essere sempre stata presente. In qualche territorio si è sentita la mia assenza, ogni tanto staccavo la spina, ma nel tempo anche con chi non mi aveva sostenuto, come col sindaco Raimondo Giallella o con Mariano Rauseo, si è costruito un rapporto di lealtà. Un altro errore è stato quello di aver comunicato poco, nonostante tanti abbiano provato a stimolarmi su molti temi. È stato un grande successo invece il risultato delle elezioni regionali, frutto di un grande lavoro di squadra. Il Pd ha costruito in questi anni una classe dirigente di bravissimi giovani amministratori. Penso a Pierpaolo D’Arienzo, a Leo Cavalieri, all’amministrazione di Vieste, a Rocco Di Brina, che è più esperto. Il partito è la base per loro, il loro lavoro deve essere capitalizzato. Questo non significa che deve diventare il partito degli eletti, ma che anche da noi vanno valorizzate le figure amministrative, così come a livello nazionale con Gori, Ricci, Nardella. Credo di aver ricevuto dal partito più di quanto mi potessi aspettare. Sono grata a Raffaele Piemontese e a tutti i dirigenti ed iscritti.
Dove andrà il Pd adesso? Serve cambiare il brand, anche se Letta ha già comunicato il contrario?
Questo congresso sarà inevitabilmente complesso e diverso, dovremo entrare nelle questioni concrete. Il Pd da tempo ha perso il rapporto con i territori, anche per colpa della legge elettorale. I parlamentari sono calati dall’alto. Il partito ha perso identità. In questa campagna elettorale avevamo poche parole chiave, non siamo riusciti a trasmettere concetti importanti. Noi eravamo in una posizione di non chiarezza, non c’è stato quel gancio che ci rendeva attrattivi. E gli esponenti del Pd nelle diverse campagne elettorali locali, penso anche alle amministrative del 2019, non erano mai attrattivi per i candidati. Va fatta un’analisi profonda. Non è il nome, o il simbolo o il nome del segretario che potranno cambiare la storia del Pd. Dobbiamo ricominciare a parlare ai giovani, pensando al loro futuro. Se il Pd non cambia impostazione, qualunque sia il segretario, non avremo modificato nulla. Serve una riorganizzazione di tutte le federazioni a partire dai territori, delineando una politica chiara delle alleanze.
Si addebita qualche responsabilità in ordine alla sconfitta del 25 settembre?
Le responsabilità della sconfitta le sento, anche se siamo di fronte ad un dato nazionale, noi sapevamo che con la riduzione dei parlamentari il quarto capolista sarebbe scattato solo a determinate percentuali. Il seggio di Foggia era quello più a rischio. Nel 2018 l’elezione di Bordo arrivò 3 giorni dopo, solo grazie ai resti. Non è stata per noi una campagna facile, sapevamo quanto fosse ardua, col centrodestra col vento a favore e l’effetto Conte a Foggia città.
L’alleanza coi 5 Stelle ora è inevitabile?
Non aver previsto una alleanza col MoVimento è stato l’errore più grande di questa campagna. Conte è oggi un leader riconosciuto e apprezzato.
Da segretaria ha ricevuto numerosi attacchi feroci anche privati, dentro e fuori dai circoli. Che effetto le hanno fatto?
Gli attacchi mi hanno fatto crescere, mi hanno limato il carattere, ma ho ricevuto anche tanto affetto, stima e fiducia. Sono ultima di 5 figli, mi hanno sempre insegnato che le critiche se costruttive sono un segno di considerazione.
Eppure molti ritengono che il Pd si sia ristretto, imborghesito, e che la sua classe dirigente e i suoi militanti siano rappresentati solo da persone che occupano posti chiave nei Palazzi e nel sottogoverno. Pedine di un sistema di potere. È come se si fosse realizzato in pieno quello che Enrico Berlinguer scongiurava agli inizi degli anni Ottanta.
Non mi pare. Che ruoli occupiamo noi? Il Pd è una delle forze politiche che ha consentito al presidente della Regione Puglia di vincere le elezioni, ma in provincia di Foggia non ha nessuna postazione di sottogoverno. Chi ha l’Arpal? E l’Arca? C’è stato largo spazio a tutte le forze. L’occupazione del Pd nel sottogoverno non c’è. Quando mi candidai al Comune di Foggia mi dimisi dall’Asp de Picolellis- dove credo di aver svolto un grandissimo lavoro, purtroppo non comunicato-, dopo lo scioglimento del Consiglio comunale avrei potuto ricoprire qualche ruolo, ma invece sono rimasta al mio posto. Ho fatto delle scelte precise, ora si aprirà il congresso e non mi ricandiderò.
Nessun documento di sindaci potrebbe farle cambiare idea questa volta?
No, nessun documento potrà incidere (sorride).
È stata come consigliere comunale tra i più suffragati e la donna più suffragata del Consiglio comunale. È pronta per nuove sfide? Non sarebbe meglio lei come candidata sindaca rispetto ad un nuovo professionista trasversale scelto nella Foggia bene?
Io ci sono e continuerò a dare una mano. Saranno gli altri a dire se non sono idonea e se ho fatto più errori che cose positive per il Pd. Tutto quello che ho fatto l’ho fatto con onestà e lealtà. Credo che quella del Comune di Foggia sia una causa nobile, ognuno dovrebbe mettere tutto se stesso per Foggia. Mettersi al servizio. Foggia vive un declino evidente, per responsabilità oggettive del centrodestra che ha fallito ogni obiettivo. Serve una alleanza per costruire un campo larghissimo. Illuminazione, telecamere di videosorveglianza, sicurezza, differenziata. Basta ristabilire il minimo sindacale per ridare luce a Foggia. Come Pd dobbiamo riaffermarci come partito dei diritti. I giovani sono più avanti di noi. E dobbiamo pensare ai nostri ragazzi. Per tutta l’estate avevano un solo punto di riferimento. Spaccanapoli, un tabacchino di Piazza Padre Pio. È questo quello che vogliamo offrire ai nostri figli prima che decidano di abbandonare l’Italia?
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