“Ricordo benissimo la sensazione di quella notte. Come un pugno fortissimo all’addome mentre rientravo in casa dopo aver messo fuori il bidoncino della differenziata. Poi ricordo di essere caduto a terra”. Così, a 4 mesi dall’accaduto, ha inizio il racconto di Pio, 45 anni, bancario di San Giovanni Rotondo.
“Ho cercato di rialzarmi e di sciacquarmi la faccia con acqua fresca e di aprire il pesante cancello. Sono riuscito a coricarmi sul divano e ho chiesto aiuto alle mie figlie, Matilde e Sofia di 7 e 4 anni. Non ce la facevo a star vigile. Poi non ricordo più nulla se non la voce di Sofia e di Matilde che parlando con qualcuno al telefono dicevano: “papà è morto, aiutateci, è caduto. Prendete una ambulanza e venite, papà sta molto male”.
Le piccole erano sole in casa col papà e si sono fatte coraggio. La grande, Matilde, ha preso il telefonino e ha iniziato a frugare nella cronologia per cercare qualche nome familiare. La piccola, Sofia, cercava a modo suo di contribuire rimanendo lucida e stando vicino al papà. Dopo un po’ riescono a chiamare i nonni e la mamma, che era a lavoro. Poi la corsa verso Casa Sollievo della Sofferenza in preda a crampi addominali fortissimi. Prima l’accettazione in Pronto Soccorso e subito dopo i primi esami di Radiologia che segnalano subito una massa di 23 cm non meglio identificata. Da lì la situazione precipita in un susseguirsi rapido di esami più approfonditi, TAC e consulenze dei chirurghi addominali. Il sospetto, poi confermato, era di uno severo shock emorragico da sanguinamento dell’arteria pancreatica duodenale inferiore. Bisognava intervenire subito in sala operatoria per bloccare l’emorragia.
“Il primo grosso intervento in sala operatoria della Chirurgia Addominale in piena notte, poi di corsa in Radiologia Interventistica. Di nuovo in sala operatoria e nuovamente in Radiologia Interventistica – ha raccontato Pio –. Sinceramente faccio anche fatica a ricordare esattamente la giusta sequenza di eventi, che ho ricostruito con mia moglie consultando i documenti del mio ricovero”.
Alle 17 del pomeriggio, dopo l’ultimo tentativo tra sala operatoria dell’Addominale e la Radiologia Interventistica, i medici riferiscono a sua moglie di aver fatto tutto il possibile: a quel punto bisognava solo aspettare, sperare e pregare. E in famiglia hanno pregato tanto. Pio è il settimo di una famiglia numerosa composta da 8 figli. Il suo nome gli è stato attribuito per devozione al Santo.
Dopo 12 giorni di ricovero in Rianimazione 1, Pio si risveglia: “ricordo di aver aperto gli occhi con nella testa la voce di mia figlia e di mio suocero la notte in cui mi portarono in Ospedale”. Il ricovero è proseguito in Chirurgia Addominale per diversi giorni ancora, fino alle dimissioni del 3 maggio, ad un mese esatto dal ricovero.
“Può sembrare scontato ma per me è importante: volevo ringraziare tutti coloro che si sono presi cura di me e della mia famiglia. Ho avuto molta paura, soprattutto di lasciare le mie bambine. In Ospedale sono stati tutti molto rapidi e puntigliosi: Pronto Soccorso, Radiologia, e soprattutto Chirurgia Addominale e Radiologia Interventistica, che mi hanno operato più volte. Tutti hanno lavorato di gruppo consultandosi spesso e collaborando per il miglior risultato possibile. Ringrazio ognuno di loro: dal personale di sala operatoria a quello di reparto, tutti professionisti molto preparati, senza dimenticare l’Anestesia e Rianimazione 1; sono uomini e donne che porterò sempre nel mio cuore e non smetterò mai di ringraziare per il loro impegno”.
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