“Il prezzo del grano duro sta diventando un problema nazionale che pesa sempre di più sui consumatori e i produttori. In queste ore mi sono incontrato, a Foggia, cuore della migliore produzione di grano duro, con alcuni dei maggiori produttori della zona che mi chiedevano un confronto con urgenza. Non posso che condividere con loro le preoccupazioni per una questione che complice la crisi internazionale ed alcuni comportamenti aggressivi di alcuni attori della filiera cominciano ad avere un serio impatto sul comparto, dovuto anche ad alcuni strumenti finanziari. “
Così il senatore De Bonis (FI) della Commissione Agricoltura e relatore dell’affare assegnato sul grano commenta l’incontro avuto a Foggia con una delegazione di cerealicoltori di Puglia e Basilicata ed altri importanti attori della filiera.
“Il prezzo del grano duro italiano, proprio in concomitanza con il periodo della trebbiatura, è sceso di circa il trenta per cento. Nello stesso tempo continuiamo a comprare grano canadese, con caratteristiche simili ma di qualità inferiore al nostro, ad un prezzo che resta più alto. Per fare due numeri: non si capisce perché se il canadese viene quotato 58 euro al quintale i nostri produttori lo debbano invece vendere al di sotto dei 50 euro. Del resto, il vero prodotto internazionale con cui comparare quello italiano di qualità è il Desert Durum che costa oggi il 30% in più del canadese di prima Il mondo agricolo del meridione può reagire in un modo compatto anche grazie alla CUN che deve diventare effettiva subito per contribuire alla formazione di un prezzo equo e trasparente che tenga conto di tutte le dinamiche di mercato oltre che dei costi e dei rincari di tutte le materie prime necessarie dal gasolio, al fertilizzante, agli agrofarmaci, alla manodopera. Ora qualcuno minaccia di inondare il mercato con grano canadese a settembre per indurre i produttori a vendere subito e a vendere a poco. Alcune testimonianze hanno tirato in ballo la questione di alcune vendite, perfettamente legali, di fatto allo scoperto che condizionano il mercato in modo negativo. Anche perché chi ha venduto a 60 euro/qle a inizio anno con consegna a giugno, non avendo il prodotto conta di comprarlo oggi a meno per farci il suo margine. Perchè non si tiene conto anche di questi contratti nelle commissioni?”