L’agguato della mafia foggiana organizzato per depistare indagini e media. Pentito svela la “trappola” dei Francavilla

Dai pentiti nuovi particolari sulla guerra tra batterie foggiane. Villani racconta ai pm il tentativo di alcuni boss di incastrare la famiglia Trisciuoglio. Vengono fuori vicende degli anni ’90

Depistaggi e vecchi rancori nelle carte giudiziarie sulle recenti inchieste contro la mafia foggiana. Spuntano ulteriori dettagli sull’agguato ai danni dei fratelli Trisciuoglio, organizzato per far credere ad opinione pubblica e mass media che fossero loro i responsabili del tentato omicidio di Roberto Sinesi, ferito al rione Candelaro insieme al nipotino di 4 anni. I fatti risalgono al settembre 2016: il 6 la sparatoria contro il capomafia, due giorni dopo l’attentato ai Trisciuoglio.

“I fratelli Ciro e Giuseppe Francavilla hanno commissionato l’omicidio dei fratelli Trisciuoglio – ha detto il neo pentito Patrizio Villani -. A guidare l’auto c’era Giuseppe Folliero (oggi collaboratore di giustizia, ndr), seduto davanti c’era Giovanni Rollo che impugnava una pistola ed io ero seduto dietro con un kalashnikov. Appena arrivati sul posto, dato che all’interno della concessionaria ci stavano delle donne non abbiamo proceduto. Siamo ritornati poco dopo e dall’esterno della concessionaria, Rollo ha esploso diversi colpi di pistola mentre io non ho sparato perché lo ritenevo un depistaggio. Abbiamo utilizzato una Lancia Lybra SW di colore grigio che Folliero e Giuseppe Francavilla hanno fatto poi sparire in uno sfasciacarrozze”.

Villani ha confessato di aver ricevuto l’ordine da Giuseppe Francavilla, uno dei capi della batteria Sinesi-Francavilla: “Come sono sceso a Foggia sono andato sempre da Ciro e da Giuseppe Francavilla. Giuseppe Francavilla mi dice: ‘Vai da Rollo che ti stanno aspettando, dovete fare l’agguato ai figli di Trisciuoglio’. Mi disse che le armi già le aveva fatte mettere pronte da Rollo e tutto quanto. In pratica le armi le avevano fornite… le avevano fornite loro”.

“Io quell’agguato non lo volevo fare – ha ricordato Villani -, volevo cercare il modo di farlo sviare, non volevo che succedesse. Non volevo che succedesse niente, perché quello era il gioco fatto da Giuseppe Francavilla e da Ciro. Quello era il gioco fatto da Giuseppe Francavilla, perché voleva far credere che il problema era tra i Sinesi ed i Trisciuoglio. Due giorni prima c’era stato l’agguato a Roberto Sinesi. Sparare ai Trisciuoglio aveva il senso di far credere che il problema era tra Sinesi e Trisciuoglio l’altra volta e non con loro, che loro non c’entrassero niente. Però il giorno dopo dell’agguato a Sinesi, Giuseppe Francavilla c’aveva pronta la borsa che se ne voleva fuggire ed io gli ho detto: ‘No, tu non te ne devi scappare. Che te ne scappi! Che cosa vorresti far capire che te ne scappi?’. Si era impuntata anche la madre e l’aveva… insomma, non se ne è andato più latitante. Il giorno dopo, che sono sceso un’altra volta, quello la sera poi l’ha spicciato il borsone, non se ne è andato più e la sera stessa già avevano preparato con Rollo… la macchina già stava pronta, la Lancia Lybra, già la tenevano rubata sicuramente, perché in quel garage io già c’ero stato nei giorni prima e la macchina già stava là”.

Una volta sul posto, in via De Amicis, dove i Trisciuoglio posseggono un autosalone, Villani cercò di far saltare tutto: “Dissi a Rollo: ‘Senti, vedi che quelli là sicuramente sono i figli di Trisciuoglio, forse sono armati anche loro – l’ho buttata un po’ sullo spavento, ho detto -. Non scendere dentro. Tanto non ti preoccupare, ci sono io con il kalashnikov, tu sparagli da fuori’. Da fuori non l’avrebbe mai presi, dottore – ha evidenziato Villani al pm della DDA -. A parte che là la vetrata è doppia, sennò là a quell’ora… nella concessionaria, a quell’ora, quella sera non c’era più nessuno, cioè là entravi dentro e li potevi uccidere tranquillamente. Ha preso, li ha sparati da fuori e… Poi mi fecero la domanda, Folliero fa: ‘Patrì perché tu non hai sparato?’, ho fatto: ‘Che è, non l’hai visto al ragazzino che stava là davanti? Che è, col kalashnikov dovevo prendere il ragazzino’, gli ho detto io, ma non era vero che ci fosse un ragazzino, io non l’ho usato apposta il kalashnikov sennò ce li avevo qua a… a meno di 10 metri”.

“Li volevano morti”

Ma i Francavilla avevano detto che i Trisciuoglio andavano uccisi: “Si, li dovevo proprio uccidere. Li volevano morti – ha detto Villani incalzato dai pm della DDA, Bruna Manganelli e Federico Perrone Capano -. Loro ce l’hanno a morte con Federico Trisciuoglio perché lo ritengono responsabile della morte dello zio, di Mario Francavilla (ammazzato nel 1998, ndr) e del cognato, di Lo Mele Flavio che è stato ucciso il giorno di Santo Stefano del ’99, davanti alla moglie. Però loro sapevano che i figli di Trisciuoglio e Trisciuoglio non c’entravano nell’agguato a Roberto, di due giorni prima. Era una tragedia da accendere, tra i Sinesi e i Trisciuoglio. Voleva prendere due piccioni con una fava”.

Circostanze confermate anche dal pentito Folliero che quel giorno era alla guida della Lybra: “Folliero riferì che il tentativo di omicidio nei confronti dei fratelli Trisciuoglio era stato commesso da lui, da Rollo e da Villani, in quanto la batteria dei Sinesi-Francavilla intendeva vendicarsi dell’agguato in cui era rimasto coinvolto Roberto Sinesi. Effettivamente in data 8 settembre 2016 verso le ore 21:00 venivano esplosi alcuni colpi di arma da fuoco all’indirizzo dell’autosalone denominato ‘Auto Trisciuoglio’ all’altezza del numero civico 63-65, ove insiste il predetto autosalone, gestito dai fratelli Fabio e Giuseppe Trisciuoglio, figli del pluripregiudicato Federico, quest’ultimo elemento apicale della locale criminalità organizzata”.

“Una massa di stupidi. Hanno fatto una pagliacciata”

Venne intercettata anche una conversazione in cui Fabio Trisciuoglio riferì che quel gesto era certamente dovuto ad attirare l’attenzione delle forze di Polizia proprio sulla sua famiglia ed era finalizzato a depistare le indagini: “Per attirare l’attenzione… (incomprensibile)… voglio attirare l’attenzione. Volevano attirare l’attenzione così… per depistare le indagini fanno cosi. Una massa di stupidi“. Secondo Trisciuoglio si trattò di una “pagliacciata, lasciando intendere che le persone che c’erano dietro a quell’evento delittuoso erano in guerra con un’altra fazione…”. Infatti, a fine ottobre 2016 i Sinesi organizzarono un agguato nel bar H24 di via san Severo contro membri della batteria Moretti. “Loro si fanno i cazzi loro e si uccidono loro e loro“. “Con quel gesto – riportano gli inquirenti – volevano far ricadere la colpa del tentato omicidio di Sinesi sulla famiglia Trisciuoglio, esponendola al clamore mediatico suscitato dalla vicenda sui mass-media”. Un clamore dovuto essenzialmente al ferimento di un bambino, nipote del boss.

L’accordo Moretti-Trisciuoglio

Sulle dinamiche criminali foggiane aveva reso dichiarazioni di rilievo anche Carlo Verderosa, ex morettiano, collaboratore di giustizia dalla fine del 2018. L’uomo riferì che la batteria capeggiata da Federico Trisciuoglio “è operativa ed è vicina a quella dei Moretti-Pellegrino-Lanza”. “Trisciuoglio è batteria singola, però è vicino a Moretti”, precisando che una dazione di denaro dallo stesso Verderosa consegnata a Trisciuoglio era la conseguenza di un accordo intercorso tra il vertice della precitata batteria e Rocco Moretti, il quale, nonostante il suo stato di detenzione, può senz’altro ritenersi al vertice della locale organizzazione criminale denominata ‘Società’. I ruoli apicali dell’organizzazione, come documentato dalle indagini – si legge ancora -, sono ricoperti dai boss storici dell’associazione, usciti rafforzati dalle contrapposizioni interne succedutesi negli ultimi anni, ossia Rocco Moretti, Roberto Sinesi, Vincenzo Antonio Pellegrino, i fratelli Emiliano e Antonello Francavilla, Vito Lanza, Federico Trisciuoglio e Raffaele Tolonese. Parliamo dunque di un’associazione di tipo federale, dove operano ormai, come definitivamente accertato nell’operazione ‘Corona’, le sotto-articolazioni, denominate ‘batterie’, facenti capo ai boss summenzionati e che al momento risultano essere le seguenti tre: Moretti-Pellegrino-Lanza; Sinesi-Francavilla; Trisciuoglio-Prencipe-Tolonese”. (In alto, Ciro Francavilla, Giuseppe Francavilla, Patrizio Villani, Federico Trisciuoglio e i figli Giuseppe e Fabio; sotto l’auto colpita nell’agguato; sullo sfondo, Giuseppe Trisciuoglio mentre sfugge ai sicari)

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