Sono sette le persone citate nelle carte dell’inchiesta “Drug Room”, operazione di Procura di Foggia e carabinieri contro il narcotraffico a San Severo. La città dei campanili si conferma “capitale” degli stupefacenti e punto di riferimento per assuntori delle aree vicine del Foggiano e del Molise.
I nomi
Tra i coinvolti figura anche il 30enne Salvatore “Centoss” Lombardi, ucciso ad aprile scorso da un minorenne reo confesso, quest’ultimo figlio di Giacomo Perrone, morto ammazzato in via Mario Carli – strada dello spaccio – ad inizio 2021. Gli altri arrestati sono Benito Di Canito, 31 anni, volto noto agli inquirenti, Fabio La Pietra, 21 anni, Alessio Vaglia, 21 anni, Michele Cristino, 21 anni, Nicola Forte detto “Tortellino”, 39 anni e Mirko Largitto, 34 anni. Non ci sarebbe il coinvolgimento dei clan mafiosi locali, decapitati dal blitz “Ares” del 2019. Attualmente, infatti, sarebbe in atto una guerra tra piccoli gruppi di spacciatori per il controllo del narcotraffico in città. In questo scenario andrebbero inquadrati i recenti fatti di sangue avvenuti a San Severo.
“Rilevanti quantitativi”
L’ordinanza cautelare “Drug Room” – gip Maria Luisa Bencivenga – parla di un vero e proprio “disegno criminoso” ed incentra le attenzioni su Di Canito e Lombardi ritenuti coloro che “promuovevano ed organizzavano la cooperazione nel reato, dirigendo l’attività delle persone che sono concorse nel reato medesimo”.
Il gruppo è accusato di detenzione di “rilevanti quantitativi di sostanza stupefacente del tipo cocaina, eroina, marijuana ed hashish”. Sono state conteggiate decine e decine di cessioni di stupefacenti, oltre cento episodi. Di Canito – si legge – avrebbe venduto droga nella sua abitazione di via Mario Carli anche mentre era agli arresti domiciliari“.
Nelle intercettazioni emerge che i clienti chiedevano “grammi di nera” per il fumo ovvero l’hashish e “grammi di bianca” per indicare la cocaina. “Io ti schiaccio, io ti scoppio”, disse uno degli spacciatori ad un acquirente che si lamentava per il prezzo. “Fu spaventato – si legge in ordinanza – per vietargli di rivolgersi ad altri fornitori”.
Tra i clienti persino un insegnante giunto dalla Bat ed altre persone dalla vicina provincia di Campobasso, molti alla ricerca di “50 euro” di roba.
“Sorprendente è la naturalezza con cui gli indagati svolgono la loro attività – scrivono gli inquirenti -, tanto è vero che non si preoccupano neanche di utilizzare linguaggio criptico, parlando di ‘bianca’ o ‘nera’ o più esplicitamente di ‘fumo’ quando contattano i numerosissimi acquirenti che ‘affollano’ il locale, con un giro di introiti non indifferente, specificando le somme versate al momento dell’acquisto o, in alcuni casi, riferendosi a debiti da saldare per acquisti già effettuati. Trattasi, peraltro, di un’attività gestita da ‘professionisti’, ben organizzata (anche con riguardo ai ‘turni di lavoro’) e con ruoli ben definiti (tra i quali spiccano quelli apicali del Lombardi e del Di Canito)”.
Via Mario Carli 2
“L’incipit della presente indagine – è scritto sull’ordinanza cautelare – va individuato nel fatto di sangue del 25 settembre 2020 che ha visto come protagonista Massimo Liuzzi il quale, mentre si dirigeva nei terreni di sua proprietà unitamente al figlio a bordo del suo veicolo, veniva inseguito e colpito da colpi d’arma da fuoco da parte di ignoti che viaggiavano a bordo di una Citroen C3 Picasso di colore rosso. Per tali fatti veniva istaurato a carico di Giuseppe Ulisse un procedimento penale. Ebbene, le attività tecniche sul conto di Ulisse hanno disvelato come lo stesso fosse dedito ad una fiorente ed articolata attività di spaccio di sostanze stupefacenti, unitamente ad altri soggetti, all’interno di un locale di via Mario Carli 2. Le intercettazioni ambientali all’interno del locale hanno dato modo di disvelare l’esistenza di una vera e propria centrale di spaccio gestita da Ulisse, unitamente ad altri soggetti”.
I turni di “lavoro”
È quindi emerso come il locale monitorato fosse una vera e propria “piazza di spaccio”, presso cui potersi rifornire “in qualunque ora del giorno”, e fino a tarda sera, di ogni specie di sostanza stupefacente, “circostanza attestata – si legge ancora – dal via vai di acquirenti e dalla febbrile attività di spaccio, tale da richiedere perfino la predeterminazione di ‘turni di lavoro’ da parte degli indagati”.
A parere degli inquirenti, c’era una “precisa spartizione dei ruoli” ed una “particolare perseveranza nel perseguimento di un illecito guadagno”. Infine, “la volontà di ricavare i propri mezzi di sostentamento proprio dalla commissione di gravi delitti”.
La “camera della droga”
L’espressione “Drug Room” fa riferimento – stando ad una nota stampa dei carabinieri – ai luoghi individuati dalla polizia giudiziaria come quelli in cui si svolgeva l’attività di spaccio, ossia una vera e propria “camera della droga” realizzata all’interno di uno stabile di edilizia popolare. La “camera” era controllata h24 da videocamere e persone complici, inoltre gli abusi edilizi creati all’interno comportavano la possibilità per gli indagati di nascondere o disfarsi agevolmente dello stupefacente all’atto dell’intervento delle forze dell’ordine.
Sono stati individuati i canali di approvvigionamento sempre dall’hinterland sanseverese, nonché dal vicino Molise. Nel corso di “Drug Room” sono stati sequestrati complessivamente circa 220 grammi di cocaina, 20 grammi di marijuana, 220 grammi di hashish e 20 grammi di eroina nonché la somma contante pari a circa 16.000 euro. Nell’ordinanza cautelare è stata disposta la custodia in carcere per i sei arrestati. (In alto, in foto, Lombardi e Di Canito)
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