Domani, 6 novembre, ricorre l’anniversario dell’omicidio di Giovanni Panunzio, un imprenditore edile foggiano, ucciso dalla mafia per non essersi piegato al volere dei boss. Circa un anno fa, il suo assassino è stato nuovamente arrestato nell’ambito della maxi inchiesta “Grande Carro” che ha smantellato la batteria Delli Carri (costola del clan Sinesi-Francavilla), attiva nel settore delle estorsioni ma anche in grado di intromettersi nelle erogazioni di fondi dell’Unione Europea. Tra le persone finite in carcere, quel Donato Delli Carri balzato alle cronache negli anni ’90 proprio per l’omicidio dell’edile.
Agli inizi degli anni ’90, Panunzio fu ucciso nel 1992, le batterie foggiane avevano ormai raggiunto l’autonomia e, dopo aver spazzato via il clan Laviano, riferimento della Sacra Corona Unita in città, cominciarono ad estorcere soldi agli imprenditori locali, soprattutto a quelli del mattone. Panunzio non si piegò, anzi, decise di denunciare tutto provocando l’arresto di 14 mafiosi. Un coraggio pagato con la vita. Panunzio venne ucciso mentre rincasava dopo aver assistito al consiglio comunale del 6 novembre 1992, giorno dell’approvazione del nuovo Piano regolatore generale.
A bordo di una Y10 percorreva via Napoli quando i killer entrarono in azione sparando numerosi colpi di pistola. Alle 22:40 la mafia mise fine alla vita di Panunzio. Il killer Donato Delli Carri, all’epoca giovanissimo, venne arrestato e condannato a 27 anni di galera. Decisiva la testimonianza di Mario Nero, in strada con il cane quando vide in faccia Delli Carri, inciampatogli davanti a causa del guinzaglio. L’aiuto reso da Nero agli investigatori segnò l’inizio di un calvario per il testimone, rinnegato anche dai suoi cari, abbandonato, ad intermittenza, da quello Stato che doveva proteggerlo e non farlo sentire solo. Il programma di protezione per Mario Nero fu ripristinato dopo anni di battaglie legali. Il testimone di giustizia è morto a gennaio di quest’anno in una città della Liguria dove si era ritirato dopo anni di nomadismo e una quindicina di località protette e residenze cambiate. È sepolto nel cimitero di Orta Nova suo paese d’origine.
Chi è Donato Delli Carri
Donato Delli Carri, nato il 4 gennaio del 1969, nipote del boss Roberto Sinesi detto “Lo zio” (fratello della madre di Delli Carri), fu condannato, con sentenza irrevocabile il 28 novembre 1997, al termine del processo “Panunzio”, per associazione di tipo mafioso e per l’omicidio dell’imprenditore edile, commesso per agevolare la “Società Foggiana”, rivestendo il ruolo di “dirigente”. Uscito dal carcere, Delli Carri non sarebbe rimasto con le mani in mano, tanto da finire al centro di un’altra maxi operazione antimafia, denominata “Grande Carro” (ottobre 2020). Negli atti dell’inchiesta è emerso che l’uomo “affiancava il fratello Francesco nei compiti di decisione, pianificazione e individuazione delle strategie; in particolare concorreva all’assunzione delle decisioni più rilevanti, impartiva disposizioni e comminava sanzioni agli altri associati a lui subordinati, sovrintendendo e direttamente partecipando alle attività delittuose del sodalizio, in quanto responsabile dell’infiltrazione nel tessuto economico, con il reinvestimento di capitali illeciti, nel settore della ristorazione e dei giochi e delle scommesse nella città di Rimini (dove era andato ad abitare, ndr)”. Delli Carri è attualmente detenuto nel carcere di Voghera. (In alto, Panunzio, Delli Carri e Nero; sullo sfondo, la Y10 dell’imprenditore crivellata di proiettili)