È partito ieri, nell’aula bunker di Bitonto, il processo “Grande Carro”, dal nome dell’operazione antimafia dell’ottobre 2020 contro il clan Delli Carri, costola della batteria Sinesi-Francavilla della “Società Foggiana”. Alla sbarra Donato Delli Carri, killer dell’imprenditore edile Giovanni Panunzio, ucciso nel 1992 per non essersi piegato alla criminalità organizzata. Tra gli imputati anche Franco Delli Carri detto “U’ malat”, ritenuto dagli inquirenti al vertice del gruppo criminale insieme al fratello Donato.
Il clan è accusato di una lunga serie di reati, dalle estorsioni fino alle truffe all’Unione Europea, messe in atto grazie a professionisti compiacenti. Tra questi, l’imprenditore agricolo Antonio Ippedico e l’avvocato Michele Pio Gianquitto, finiti di recente nell’inchiesta sulle presunte mazzette al giudice De Benedictis, quest’ultimo accusato di aver disposto provvedimenti di favore per alcuni arrestati in cambio di denaro. Nella lista degli imputati anche Luciano Cupo, fedelissimo del boss Roberto Sinesi e Cristoforo Aghilar, killer e rapinatore di Orta Nova, già a processo per il femminicidio dell’ex suocera.
Ieri le prime battute del procedimento penale nell’aula bunker di Bitonto. Si sono costituiti parte civile la Regione Puglia, la Agea (Agenzia di erogazione dei contributi comunitari) e l’associazione antimafia foggiana “Panunzio”.
Il giudice ha accolto queste costituzioni e ha rigettato tutta una serie di questioni formali eccepite dalle varie parti, poi ha rinviato il processo a settembre per concludere l’udienza preliminare e per ottenere una risposta definitiva da parte di chi intende accedere all’abbreviato o anche a qualche patteggiamento.
Tutti gli imputati principali dovrebbero decidere di andare a dibattimento, nella convinzione che in quella sede possa cadere l’accusa di associazione mafiosa. A settembre verranno decisi i rinvii a giudizio e sarà fissata la successiva udienza per le discussioni degli abbreviati.
Le accuse
Stando alle carte dell’inchiesta, ordinanza cautelare di oltre mille pagine, l’organizzazione criminale “avrebbe commesso delitti in materia di armi, esplosivi e munizioni, contro il patrimonio, la vita e l’incolumità individuale, in particolare estorsioni, usure, sequestro di persona, incendi, danneggiamenti, truffe ai danni dell’Unione Europea, reimpiego di denaro di provenienza illecita in attività economiche, corruzione e coercizione elettorale, intestazione fittizia di beni.
Il gruppo di Delli Carri e soci avrebbe acquisito direttamente e indirettamente la gestione e/o il controllo di attività economiche nei settori edilizio, movimento terra, ristorazione, giochi e scommesse. Avrebbe inoltre acquisito appalti pubblici e privati e procurato voti in occasione di competizioni elettorali, convogliando in tal modo le preferenze su candidati vicini ai boss in cambio di progettate utilità”.