Andrà a dibattimento Donato Delli Carri, principale imputato del maxi processo alla mafia foggiana, “Grande Carro”. Oggi, nell’aula bunker di Bitonto, alcuni imputati (una minima parte dei 41 totali) hanno chiesto di essere giudicati con il rito abbreviato. Per loro appuntamento a novembre per le discussioni. Delli Carri, invece, come tutti i principali indiziati, andrà a dibattimento avendo scelto il rito ordinario. Oggi si è discusso proprio sulla richiesta di rinvio a giudizio, al termine il giudice si è ritirato in Camera di Consiglio.
“Grande Carro”, dal nome dell’operazione antimafia dell’ottobre 2020, riguarda essenzialmente il clan Delli Carri, costola della batteria Sinesi-Francavilla della “Società Foggiana”. Alla sbarra Donato Delli Carri, killer dell’imprenditore edile Giovanni Panunzio, ucciso nel 1992 per non essersi piegato alla criminalità organizzata. Tra gli imputati anche Franco Delli Carri detto “U’ malat”, ritenuto dagli inquirenti al vertice del gruppo criminale insieme al fratello Donato.
Il clan è accusato di una lunga serie di reati, dalle estorsioni fino alle truffe all’Unione Europea, messe in atto grazie a professionisti compiacenti. Tra questi, l’imprenditore agricolo Antonio Ippedico e l’avvocato Michele Pio Gianquitto, finiti di recente nell’inchiesta sulle presunte mazzette al giudice De Benedictis, quest’ultimo accusato di aver disposto provvedimenti di favore per alcuni arrestati in cambio di denaro. Nella lista degli imputati anche Luciano Cupo, fedelissimo del boss Roberto Sinesi e Cristoforo Aghilar, killer e rapinatore di Orta Nova, già a processo per il femminicidio dell’ex suocera. In “Grande Carro” si sono costituiti parte civile la Regione Puglia, l’Agea (Agenzia di erogazione dei contributi comunitari) e l’associazione antimafia foggiana “Panunzio”.
Le accuse
Stando alle carte dell’inchiesta, ordinanza cautelare di oltre mille pagine, l’organizzazione criminale “avrebbe commesso delitti in materia di armi, esplosivi e munizioni, contro il patrimonio, la vita e l’incolumità individuale, in particolare estorsioni, usure, sequestro di persona, incendi, danneggiamenti, truffe ai danni dell’Unione Europea, reimpiego di denaro di provenienza illecita in attività economiche, corruzione e coercizione elettorale, intestazione fittizia di beni”.
Il gruppo di Delli Carri e soci avrebbe “acquisito direttamente e indirettamente la gestione e/o il controllo di attività economiche nei settori edilizio, movimento terra, ristorazione, giochi e scommesse. Avrebbe inoltre acquisito appalti pubblici e privati e procurato voti in occasione di competizioni elettorali, convogliando in tal modo le preferenze su candidati vicini ai boss in cambio di progettate utilità”. (In alto, Donato Delli Carri e Franco Delli Carri in una foto di 20 anni fa; sotto, Cupo e Aghilar)