“Sembrava che, finalmente, il nostro territorio fosse stato preso in considerazione per farci degli investimenti e la cosa ci ha riempito di gioia pensando al lavoro che ne sarebbe derivato”. Inizia così la nota di Matteo Starace, presidente del Caons, comitato di associazioni operanti nel sociale a Manfredonia.
Al centro della vicenda il progetto di allestire un impianto di gas nella piana che un tempo ospitava l’Enichem. “L’ing. Favilla parlava della costruzione di diversi impianti e, tra gli altri, di un rigassificatore di GNL (metano). Subito è nata spontanea una domanda: ‘Perché devono impiantare un rigassificatore di GNL dal momento che nei pressi dell’area portuale (porto Alti Fondali) passa il metanodotto che alimentava l’Enichem?’. Sicuramente la potenzialità del metanodotto esistente è superiore a quella che possono realizzare con un rigassificatore. È possibile che l’ing. Favilla non conosce questa realtà?”.
Se si vogliono investire centinaia di milioni di euro, come minimo, ci si deve preoccupare di conoscere la situazione esistente con tutte le sue problematiche. Vista l’assurdità di tale iniziativa è facile fare brutti pensieri e allora siamo andati in Internet per prendere notizie relative all’ing. Favilla e alla società Seasif. Nella presentazione si legge: ‘Franco Favilla è il fondatore e il CEO della Seasif Holding, una multinazionale presente in diversi paesi con attività principali nei settori: assicurativo, immobiliare, produzione e vendita di commodities che significa commercializzazione di prodotti petroliferi e 10% in equity Bridge conservativi a breve termine che generano rendimenti elevati'”.
“Con nostra meraviglia abbiamo preso atto che l’ing. Favilla, con la Seasif, non ha impegni significativi in ambito industriale in quanto la loro presenza si sviluppa principalmente nel settore commerciale. Non riusciamo a capire come farà un commerciante a improvvisarsi industriale, con quale esperienza?”, si chiede Starace. “Comunque – aggiunge -, riflettendo sulla vicenda ci fermiamo ad analizzare l’idea di costruire uno stabilimento per la lavorazione dei polimetalli, forse si riferisce ai noduli polimetallici. Anche qui da una ricerca effettuata viene fuori che i noduli polimetallici si trovano sul fondo marino principalmente negli oceani a un profondità dai 4500 ai 6500 metri e per poterli recuperare, lavorarli a terra e separare i vari metalli si dovrebbe spendere più di quanto si ricaverebbe dalla loro vendita.
Apprendiamo, sempre da Internet, che attualmente ‘l’interesse per l’estrazione dei noduli è svanito, principalmente per tre fattori: la difficoltà e le spese per sviluppare e operare una tecnologia estrattiva che possa rimuovere in modo economico i noduli dalla profondità di 5-6 chilometri e portarli alla superficie; le tasse da pagare alla comunità internazionale per il permesso di estrazione; e la continua disponibilità a prezzi di mercato dei minerali ottenibili sulla terraferma. È considerato improbabile che nei prossimi venti anni si arrivi ad un’estrazione commerciale dei noduli polimetallici’. Non abbiamo trovato nessun riferimento a qualche impianto di lavorazione esistente – prosegue Starace -. Può darsi che la Seasif abbia qualche notizia segreta. Comunque, chiediamo alla Seasif di farci sapere se nel mondo esiste un qualche sito dove lavorano i noduli polimetallici ed eventualmente dove si trova, così possiamo vedere come è fatto.
Egregio ing. Favilla, deve sapere che la realtà topografica del nostro territorio vede il porto Alti Fondali a qualche centinaia di metri dall’abitato di Manfredonia e nella storia recente si sono vissute diverse situazioni di inquinamento e di incidenti industriali. Attualmente si sta lottando contro il tentativo della società Energas di installare un megadeposito di Gpl contro la volontà popolare che si è espressa tramite un referendum che ha visto più del 96% di voti ‘No Energas’. Tutto questo ha prodotto un notevole stress nella popolazione per cui ad ogni avvisaglia di raggiri o imposizioni che toccano l’ambiente e/o la sicurezza si ribella.
Noi non siamo contro l’industrializzazione ma, dopo le esperienze vissute vigiliamo perché le cose siano fatte secondo i dettami della legge e del buon senso mettendo al primo posto il Bene Comune. Se qualcuno vuol investire, per realizzare industrie – continua Starace -, deve elaborare un business plan e un progetto di massima da sottoporre soprattutto all’attenzione delle comunità locali e solo dopo che si è raggiunta l’accettazione da parte di esse si devono contattare le istituzioni opportune per la realizzazione delle opere. La società Seasif, come chiunque altro voglia investire nel nostro territorio, sicuramente sa che non si possono installare stoccaggi di sostanze pericolose e/o inquinanti alle porte della città e devono rispettare l’ambiente e il bene comune. Basta con le furbate e i raggiri delle leggi e/o norme.
Nel nostro caso, la Seasif Holding e le sue controllate (tutte società private), ancora prima di presentare i documenti progettuali e di coinvolgere le comunità locali (intendo i cittadini di Manfredonia e Monte S. Angelo) hanno chiesto la concessione per 25 anni delle banchine A1, A2, A5, del porto Alti Fondali, in più i nastri trasportatori ubicati lungo il pontile per una lunghezza d 2,5 km circa e 30 ettari di suolo nell’area retroportuale (da ricordare che si è in attesa che quella zona venga dichiarata ‘zona franca doganale). Se ciò si verificasse si autorizzerebbe la Seasif Holding a utilizzare in uso esclusivo gran parte delle aree retroportuali e le banchine A1, A2, A5 in regime di assoluto monopolio, decidendo in proprio il futuro sviluppo industriale e calpestando gli interessi di altri imprenditori che potrebbero realizzare attività economiche più rispettose dell’ambiente e della sicurezza delle persone. Ci appelliamo a tutte le istituzioni perché non abbiano atteggiamenti superficiali e frettolosi, in particolare l’autorità portuale del Basso Adriatico, ma che siano oculate e rispettose dell’ambiente e dei cittadini”, conclude Starace. (In alto, una vecchia immagine della piana)