“Qui è come Beirut”. Lo sfogo di una paziente, P.M., ricoverata nel reparto di Chirurgia Covid del Policlinico Riuniti di Foggia, descrive uno scenario per nulla rassicurante. “Sono da 8 giorni in ospedale, 3 nel reparto di Chirurgia, aperto alla bene e meglio a novembre scorso. Normalmente lavorano 2 infermieri e 2 oss per turno, solo una volta c’è stato un turno da 3 infermieri. Cosa c’è di strano? Che i pazienti da assistere sono circa 17, tutti allettati, tutti, o quasi, inabili alle attività minime di igiene personale e/o alimentazione. Questo è il quadro generale per farvi capire perché la colazione può arrivare alle 10.30, il pranzo somministrato alle 15.30, l’igiene fatta alle 11, la terapia somministrata a singhiozzo: perché ti mettono una flebo, nel frattempo ne inseriscono altre, il tempo passa, ci sono sempre i soliti due infermieri che vanno da un capo all’altro del reparto…. e il tempo passa”.
Poi continua: “Sono due giorni che ho la febbre, ma il loro termometro non la evidenzia. Mi faccio portare un termometro da casa. Il loro termometro segna 36.6, il mio 38,2. Lo faccio notare all’infermiera, la quale mi dice che lei deve riportare il dato del suo termometro. Imploro la Tachipirina, che mi viene somministrata non perché ho la febbre (come risulta dal mio termometro), ma perché ho mal di testa. Questo giochino cosa produce? che sulla mia scheda i miei parametri sono buoni, sono asintomatica, per cui non necessito di antibiotico. Il medico, così, interrompe la terapia. Questa sera chiedo notizie sui miei farmaci e mi comunicano che, eparina e farmaco mio a parte, non c’è nessuna terapia. La febbre sale. Il mio termometro alle 21.45 segna 38. Chiamo l’assistenza, ma c’è il cambio turno, si sa. Aspetto, credo pazientemente, sino alle 22.25.
Mi rispondono che un infermiere si è bardato e presto verrà a misurarmi la febbre. Alle 23 chiamo di nuovo, non ho più forze, mi fa male la testa, gli occhi mi bruciano, mi rispondono che devo aver pazienza. Ho alzato la voce ed ho chiesto loro se 1 ora e quarto dopo, loro la ritenevano tanta o poca pazienza. Nel frattempo ho chiesto l’intervento del medico di guardia di ortopedia (sì, io sono di competenza di ortopedia). Arriva l’infermiere, gli spiego la situazione, onestamente alterata. Lui, come i suoi colleghi, mi dice che quello è lo strumento. Intanto mi scarica il mio termometro e questi segna 39,5″.
“A questo punto – prosegue – va a prendere un altro termometro laser. Uno segna 37.1, l’altro 38.7. Certo sapere quale sia la mia temperatura è impossibile, ma almeno ho dimostrato che non sono pazza e che il loro termometro non funziona. Già sabato ho mandato una mail al dr Mezzadri (direttore sanitario, Ndr), per la quale non ho avuto ritorno. Chissà se domani qualcosa cambierà – scrive riferendosi alla notte tra ieri e oggi -. Comunque è mezzanotte e 5 e il medico non si vede”.