Come si racconta un territorio? Scardinando i vecchi stereotipi, mixando quanto di bello ma anche di brutto questo ha da offrire e, soprattutto, lasciando voce ai cittadini che lo vivono. È questa la ricetta di Pinuccio, al secolo Alessio Giannone, che ieri mattina è stato ospite dello piazza virtuale dell’Università di Foggia per il ciclo di seminari su “Media e Brand Identity”.
L’inviato pugliese del TG satirico Striscia la Notizia, volto noto e voce attenta del web, ha dialogato con il prof Antonio Stasi, docente del Dipartimento di Scienze agrarie e delegato del rettore all’Innovazione sociale, sul tema Identità territoriale e community. Il talk, animato anche da domande e interventi raccolti live tramite Facebook, ha permesso di gettare uno sguardo critico sulle modalità di creazione di una community che possa realmente costruire e alimentare una vera identità territoriale. Una critica che Giannone muove a partire dall’utilizzo spesso smodato dei social da parte di politici e istituzioni che, ha osservato: “hanno ormai invaso tutte le piattaforme e che ormai fanno gli influencer, postando foto con le fidanzate e contenuti sempre più lontani dalla gestione pubblica”.
Tra i pionieri dei nuovi linguaggi del web e da sempre attento alle esigenze del territorio Giannone, con il personaggio di Pinuccio e i suoi servizi in tv, riesce a ironizzare su mancanze e problemi sollecitandone la soluzione. È autore di podcast come “Turismo d’asporto” e “Strade&leggende”, due format basati sullo storytelling attraverso cui promuove il territorio mettendone in evidenza punti di forza e caratteristiche anche nascoste ai più.
Secondo lui “va riscritto del tutto il modo di raccontare la nostra regione, basta con i soliti stereotipi pizzica, orecchiette, mare e modi di dire. Le tradizioni vanno bene e sono preziose, ma non riusciamo ancora a costruirci una nostra cultura. La nostra generazione è colpevole di non aver scardinato certi tipi di comunicazione. Le istituzioni, però, devono anche indicare il percorso. La scuola e l’Università, possono farlo creando spazi, dando nuove possibilità. Bisogna avere il coraggio di cambiare, anche non dando contributi sempre e solo a film comici che alimentano una determinata narrazione. Sono percorsi lunghi ma è quella la via, altrimenti rimarremo sempre la spalla comica di altri”.
Un’autocritica che parte da un accorato esame di coscienza. “Il nostro è un territorio bellissimo e ricco di sfaccettature ma anche tanti problemi. Non basta una foto su instagram per raccontarlo, bisogna sforzarsi rendere il territorio protagonista del racconto. Foggia che si racconta ai foggiani cosa avrebbe da dire? È uno sforzo di immaginazione, magari sono esperimenti che ti portano poco, forse, ma si deve provare a cambiare. Siamo ancorati a un’idea vecchia di promozione territoriale, legata alle vacanze mordi e fuggi e non alla cultura e al turismo esperienziale. Lo stesso turismo che continuiamo a promuovere è fermo agli anni ’90: un turismo di massa legato a infrastrutture che impattano sulle costa. Siamo in ritardo su tutto. Bisognerebbe mettere un punto e ricominciare e vedere da qui a 50 anni cosa si riesce a fare”.
Da dove partire allora? Giannone non ha dubbi: dando spazio ai giovani. “Il futuro da noi arriva sempre troppo tardi. Ci vogliono bandi solo per gli under 25. Basta con concetti stantii che potevano andar bene 15 anni fa. Il marchio Puglia oggi è bello e riconoscibile, possiamo cominciare a tirarcela, gestire i fondi in maniera più selettiva. Raccontare solo il bello poi non serve. Il racconto complesso ha bisogno di sincerità e noi spesso non siamo sinceri. Se mi fai vedere solo le bellissime spiagge del Salento, da aprile a ottobre, e mi nascondi però gli scarichi a mare, mi stai dicendo una bugia. Raccontare il mare cristallino di Taranto a pochi chilometri dall’Ilva è una storia diversa. Noi dobbiamo raccontare storie reali. Il racconto del riscatto per un territorio avviene nel momento in cui è la gente a raccontarlo, perché solo chi lo vive può sapere come si è arrivati a quel punto. La narrazione deve partire da dentro. La medicina di un territorio sono i propri cittadini, con le loro voci anche in contrasto tra loro. Un territorio muore quando non ci sono voci”.