“Pronto soccorso degli Ospedali Riuniti di Foggia, solo chi ci è passato può sapere cosa è quel luogo: la negazione dell’umanità”. Inizia così la dura lettera di un cittadino inviata a diverse testate. La denuncia dell’esperienza avuta in corsia diventa così una richiesta di intervento per ‘sanare’ alcuni disservizi al Policlinico.
Ecco il testo della missiva.
Chi non ci è passato non può nemmeno immaginare l’ambiente in cui si trova catapultati, tanto più in questa epoca Covid in cui gli accorgimenti si fermano al pre triage.
Perché una volta varcata la porta che separa dalla prima sala d’aspetto, quello che c’è dietro farebbe andare fuori di testa chiunque, figuriamoci una persona che ha bisogno di cure.
La mente umana fa fatica a registrare tutto ciò che si vede e si sente lì. In quei pochi metri quadri la gente rimane ammassata per ore, alcune persone sono senza mascherina, con un numero di sedie insufficienti in condizioni normali, figuriamoci per garantire il distanziamento che forse si riesce ad applicare stando in piedi in un angolino.
Solo che le attese durano ore e c’è chi crolla. Prima o poi bisogna sedersi. Anche quando si pensa che non sia possibile, ecco che la realtà supera la fantasia. Ed è un peccato per un ospedale che si vanta di gestire bene il Covid, mentre è oggettiva l’incapacità di gestire il primo avamposto sanitario a disposizione della popolazione di centinaia di migliaia di persone.
Chi non è un codice rosso arrivato in ambulanza è un invisibile, nonostante il dolore, nonostante la fasciatura casalinga che copra un taglio o un’ustione. Nonostante sia un ragazzino e non riesca a reggersi in piedi per la debolezza.
Mi sorgono alcune domande: è umano secondo voi che per qualunque codice verde (cioè il 90% delle attribuzioni) possono trascorrere anche 10-12 ore prima di essere visti da un medico? Per codice verde si intende un dito tagliato e sanguinante, una “storta” alla caviglia da approfondire con radiografie, una ustione, una lesione in testa, un trauma qualunque. Non sono esempi a caso, ma quelli che ho visto nella mia esperienza da “codice verde” che ha sentito dire a una persona che era lì da due ore per fare una Tac al cranio, o un’altra che aveva un sospetto arresto cardiaco ma l’infermiera la chiamava per nome per vedere se rispondesse, o un’altra gettata su una barella che sembrava morta. E credo che dopo sia morta davvero. In mezzo al corridoio. Da sola.
È accettabile che mentre la gente è sofferente e sempre più arrabbiata, e i medici del triage si affannino a ricevere le richieste a cui non sanno dare risposte, si debba assistere alla visione del personale di quel corridoio tanto agognato che ride e scherza, che ti risponde anche male e che va a fumare aprendo la porta sul retro mentre tu stai lì da ore implorando di essere visitato?
È ammissibile che qualcuno che prende in simpatia un paziente gli sussurri nell’orecchio: “Se può, vada via, altrimenti qui lei uscirà stasera se tutto va bene”. Alle 10 del mattino!
“Bisogna avere pazienza, abbiamo un codice rosso!”. Ma quanti sono realmente? È umano rispondere alle 14 “che vuoi da me figlio mio?” ad un infortunato che attende delle cure dalle 5 mattino e che si visto scavalcare da presunti codici rossi arrivati sulle loro gambe e usciti in un’ora?
“Denunciate, denunciate!”, dice qualcuno ad alta voce. E poi?
Con temperature che sfiorano i 40 gradi e la paura del Covid, davvero c’è qualcuno che pensa che si vada in Pronto soccorso a perdere tempo? Si va per necessità, perché magari non hai trovato nessuno specialista che possa visitarti ad horas (siamo ad agosto) e qualcuno non può permetterselo economicamente. Se ti affibbiano un codice verde ricevi un biglietto per un girone dell’inferno, un luogo in cui una parte degli operatori sanitari e medici, costretti a lavorare in una situazione disumana anche per loro, è vittima esattamente come gli sfortunati cittadini.
E poi sorgono altre domande: in questo scenario terribile è così remota la possibilità che scoppi una scintilla che incendi gli animi esasperati? Certe scene e certe rispostacce possono davvero scatenare la rabbia, specie quando ci si accorge che qualcuno si ritrova in visita e non si è capito nemmeno da dove sia entrato.
In quel luogo ci finiscono persone più o meno perbene, più o meno capaci di gestire la tensione, per cui certe cose sono da mettere in conto.
A me pare che nessuno faccia niente per risolvere una situazione del genere che ormai va oltre la vergogna e arriva a compromettere la dignità umana, in un posto in cui la cura e l’assistenza dovrebbero essere i due capisaldi.
Siamo in periodo di elezioni per la Regione che è responsabile della sanità, è possibile che nessuno dica una parola su questo argomento? È naturale che poi venga il dubbio: chi deve parlare, quelli che non farebbero mai la fila se toccasse a loro? Che non passerebbero proprio da quegli ambienti che spesso sono un incubo peggiore del problema di salute accusato ma che qualcuno deve pur curare.
Anche i giornali di Foggia e provincia potrebbero fare tanto per la loro competenza, chiedendo conto a chi governa dell’ospedale e facendo emergere delle situazioni oggettive e inconfutabili, e non solo dando spazio ai comunicati trionfanti che lodano l’efficienza.