Quel 9 agosto 2017, la New Beetle delle vittime fu pedinata da una Fiat Grande Punto e da una Ford C-Max. Nella prima c’era l’imputato, il manfredoniano Giovanni Caterino alias “Giuann Popò”, nell’altra il commando armato. Lo ha confermato il carabiniere del ROS, Alessandro Mucci che stamattina nella Corte d’Assise di Foggia è stato sentito dalla pm della DDA, Luciana Silvestris.
Mucci, con descrizione puntuale e dettagliata, tanto da impressionare positivamente anche la Corte, ha ricostruito il percorso delle auto fino alla vecchia stazione di San Marco in Lamis, luogo della nota strage di mafia nella quale persero la vita Mario Luciano Romito, il cognato Matteo De Palma e i fratelli Aurelio e Luigi Luciani.
Attraverso intercettazioni, gps e telecamere presenti lungo il tragitto, il militare ha potuto confermare quanto già emerso nell’ordinanza cautelare. Quella mattina, Caterino, ritenuto dall’accusa il basista della strage e membro del clan dei montanari, avrebbe pedinato il maggiolone delle vittime mantenendo una distanza costante, non oltre il chilometro. A seguire, la Ford C-Max con almeno tre killer, auto ritrovata bruciata poche ore dopo nei pressi della masseria dei Tarantino, famiglia criminale di San Nicandro Garganico, storicamente vicina alla criminalità montanara.
15 su 40 le telecamere risultate utili secondo la ricostruzione del carabiniere e che dimostrerebbero l’intenzione di Caterino di facilitare l’azione dei killer.
La Punto immortalata dai filmati era di proprietà del 50enne Giuseppe Bergantino, più volte intercettato in compagnia di Caterino. L’imputato fu individuato alla guida del veicolo anche in altre circostanze, compresa la tappa nel ristorante “l’Orecchietta” di Candela, episodio comparso nell’ordinanza cautelare.
Nelle intercettazioni emerse la preoccupazione di Caterino per quelle telecamere posizionate sulla strada: “Ecco la bastarda dove sta”, disse ad un amico indicando l’obiettivo.
L’imputato, detenuto a Bari, avrebbe un legame forte con i “montanari” tanto che nel corso del processo avrebbe rifiutato in più occasioni la proposta di collaborare con la giustizia, forse per mantenere fedeltà al clan di riferimento. “Lo abbiamo convocato nei nostri uffici a febbraio e a luglio del 2018 ma si è rifiutato categoricamente di collaborare. L’ultima volta gli è stato proposto durante la detenzione ma ha rifiutato anche questa volta”, aveva detto il carabiniere Landriscina nel corso di un’udienza precedente.
Stamattina in aula anche il perito del tribunale, Gallo che ha confermato il contenuto di alcune trascrizioni. L’Immediato, in esclusiva e come anticipato settimane fa, svelerà nuovi intrecci e legami tra consulenti e periti.
Insomma, il processo sulla mattanza di San Marco è entrato nel vivo e durante la prossima udienza, prevista il 10 giugno, si scaverà ancora più a fondo nelle intercettazioni. La difesa effettuerà il controesame del colonnello Mucci, poi sfileranno in Corte d’Assise altri testi, tra i quali Loiacono, Battistelli e Leonardo. La sentenza potrebbe arrivare tra fine 2020 e inizio 2021.