“Tutti abbiamo in mente l’immagine della processione delle bare di Bergamo sui camion dell’esercito, ma andare a San Marco in Lamis nella tenda della Protezione civile per il tampone e vedere in fila 60 macchine, tutti in attesa, come in una processione, di essere tamponati dà una sensazione molto simile. Lì noti il dramma collettivo del Coronavirus, il dramma della comunità, che purtroppo pochi hanno percepito qui in provincia di Foggia”.
Il trentenne sangiovannese Leonardo Fania, giornalista Tv a Teleradio Padre Pio, è tra i 57 guariti dal Covid-19 di ieri.
Il primo tampone che gli ha manifestato la malattia risale al 18 aprile, il 2 maggio, con la scomparsa dei sintomi ha fatto il secondo tampone, negativo. E il 4 maggio l’ultimo, nuovamente negativo. La sua giovane moglie, operatrice sanitaria a Casa Sollievo, che si è ammalata prima di lui e gli ha portato il virus in casa, aspetta ancora l’esito. Al terzo tampone sua moglie è ancora positiva.
“Il mio caso è uno dei tanti contagi domestici – racconta a l’Immediato -, lei ha avuto i primi sintomi una settimana dopo l’esposizione con una paziente infetta. Il 4 aprile ha scoperto di essere malata, è passato un mese. È ancora positiva. Abbiamo un bambino di due anni, che abbiamo dovuto tenere con noi, per il timore che, da asintomatico, potesse infettare i nonni. Ogni giorno gli misuravamo la febbre, lo abbiamo tenuto a distanza, ma per fortuna non ha avuto sintomi, è andata bene. Gli faremo il test sierologico. Per noi due fortunatamente non è stato necessario il ricovero, anche se siamo stati classificati come fascia di gravità in quella moderata/severa”.
Febbre a 38, dolori alle orecchie, tosse, perdita totale dell’olfatto e del gusto. Leonardo ha vissuto tutti i momenti critici del Covid-19.
“Per la nostra esperienza la Asl è stata molto disponibile, con noi sono stati eccellenti e bravissimi. Io ho fatto il tampone ai primi sintomi, il 17 di venerdì, il 18 ho avuto il risultato positivo e il 19 mi è stata già assegnata la terapia sperimentale, col protocollo che prevede il consenso del paziente. Nel nostro caso ci hanno portato a casa l’antibiotico con l’azitromicina, l’antimalarico per 10 giorni e le iniezioni di sele-eparina, una eparina a basso dosaggio, che serve per intrappolare il virus. Non so dire se i farmaci sono stati efficaci o se l’evoluzione del virus per noi ha fatto il suo corso, il mix di farmaci è una sorta di terapia preventiva, l’unica cura, l’unico rimedio in casa resta il paracetamolo. Ma l’Asl con il medico che ci ha preso in carico ci è stata di conforto, sono stati molto disponibili, ci chiamavano ogni giorno. Io mi sono negativizzato subito, dopo 3 settimane. Non ho mai avuto la febbre altissima, ma per un paio di sere ho vissuto la cosiddetta fame d’aria”.
Cosa si prova? “Provi a respirare, ma è come se i polmoni non rispondessero, per circa 20 minuti ho avuto la sensazione che i polmoni fossero una busta bucata. Solo con degli esercizi respiratori ho superato questa brutta fase. Per due sere consecutive ho vissuto questa esperienza, penso fosse il picco del virus. Ho avuto paura. Un altro momento difficile è stato quello della perdita del gusto e dell’olfatto. Amo molto la tavola, amo il vino. Una sera mi è capitato, mentre cenavo, di fare tre sternuti. Alla ripresa del boccone, l’olfatto e il gusto erano completamente spariti. Il virus te li annulla completamente. Non sentivo più neppure la popò del pannolino di mio figlio. Non senti niente. Con la stessa forza con cui se ne sono andati, olfatto e gusto sono tornati, improvvisamente”.
Qual è il primo odore che hai percepito? “Fa ridere, ma il primo odore che ho sentito è quello dell’alcol disinfettante. Tutte le mattine lo spruzzavo per vedere se lo sentivo. Domenica mattina ho aperto la confezione e l’ho sentito flebile, per qualche ora ho riperso l’olfatto, era di nuovo sparito, ma poi è tornato”.
Secondo Leonardo a San Giovanni come in tutta la Capitanata la cittadinanza ha una blanda percezione della pericolosità del virus. “Con la fase 2 c’è stato il liberi tutti, soprattutto tra i ragazzini. Non è vero che il virus non c’è più, purtroppo c’è e sta facendo tanti danni. Io ho vissuto l’isolamento forzato e posso dire che non è bello stare a casa, in una condizione così drammatica. Spero che tutti gli adolescenti e con loro i loro genitori capiscano il rischio che ancora si corre. Il mio consiglio è di essere prudenti. Qui a San Giovanni ci sono tante famiglie segnate dal virus, c’è chi fa 7 tamponi prima di uscirne. All’ottavo tampone non puoi che sperare”.