Arrivare a Borgo Mezzanone significa essere catapultati in una terra di nessuno, un girone infernale, dove tutto o quasi è possibile. Non solo i roghi delle baracche dei migranti, che ad ogni ora camminano per circa un chilometro dalla fermata Ataf del centro della borgata fino al Cara o alla pista.
Poco distante dalla chiesa e dal bar in una serie di palazzine gialle vivono dal 1998 trenta famiglie. Inizialmente Paolo Agostinacchio ne aveva stipate 100, poi nel 2001 una prima ondata di nuclei familiari ebbe la casa definitiva in viale Europa.
Strade dissestate con voragini enormi, verde pubblico totalmente incolto e un puzzo di fogna e gas insopportabile. Questo è il contesto in cui vivono, dimenticati da tutti, in un paesaggio dell’abbandono. Qui Arcangelo Fares, classe 1993 (aveva 5 anni quando i suoi genitori si trasferirono), coordina la lotta delle 30 famiglie rimaste. Senza agganci politici né protezioni né nulla. Nessuno è mai venuto in campagna elettorale qui.
“Qui c’è da scoperchiare il vaso di Pandora. Vogliamo che Michele Emiliano ci ascolti e venga a vedere in che condizioni viviamo. C’è molta illegalità e il signor sindaco dovrebbe saperlo bene. Che requisiti avevano coloro che hanno avuto le case la scorsa estate? Viviamo da 22 anni qui senza residenza, questa è frazione di Manfredonia e se avessimo la residenza perderemmo il nostro diritto alla graduatoria per la casa popolare, come ci indicarono nel 2003. Tre famiglie nel 2019 sono andate via, a loro hanno assegnato le case. Ma con quali diritti? Senza residenza non possiamo percepire neanche il reddito di cittadinanza”.
Tra le 24 famiglie con titolarità ci sono storie molto particolari, di disagio estremo. Una donna è allettata e vive solo grazie al sostegno del compagno che viene a trovarla ogni giorno. Laura Catano nel 2014 ha subito un’aggressione con l’ascia da parte di suo marito, che ha scontato due anni di carcere. “Ora è tornato in libertà, qualcuno lo ha visto a Borgo Mezzanone, ho paura. Ho l’allontanamento, sono anche iscritta al centro antiviolenza. Ma ora è libero”.
La situazione nelle case che cadono a pezzi, senza manutenzione da anni, è disastrosa. Le perdite fognarie entrano e inondano gli scantinati. I palazzi, senza luce nelle scalinate, immersi nella monnezza nei box, senza citofoni né cassette postali, galleggiano nei liquami. L’odore nauseabondo entra negli occhi prima che nel naso. L’emergenza appare subito sanitaria. Che vita è quella senza nome e dignità? “Siamo peggio dei senza fissa dimora”, dicono.