Rocco Moretti junior nel mirino degli inquirenti. Il 22enne foggiano, figlio di Pasquale Moretti e nipote del Mammasantissima Rocco Moretti, capo della batteria “Moretti-Pellegrino-Lanza”, ha ricevuto l’ennesima stangata da parte della Magistratura. Il giovane era finito in galera in quanto sorpreso con 113 grammi di cocaina in casa, mentre si trovava ai domiciliari per danneggiamento e tentata estorsione (blitz Chorus). Ora il giudice ha disposto il carcere anche per questi ultimi reati, revocando i domiciliari. Moretti è ritenuto mandante delle minacce ai danni dei titolari della profumeria “Gattullo” colpita da un attentato dinamitardo il 7 gennaio 2019, pochi giorni dopo l’incendio di una friggitoria in centro. Bombe tornate ad esplodere a Foggia proprio in questi giorni, esattamente ad un anno di distanza dai fatti scoperchiati nell’operazione “Chorus”. Il provvedimento di revoca dei domiciliari firmato dal gup è stato notificato in cella dalla squadra mobile a Moretti. Una decisione scaturita proprio come conseguenza dell’arresto in flagranza per detenzione di cocaina.
Il nome di Moretti junior si sta facendo sempre più largo nel mondo della criminalità foggiana, soprattutto alla luce della lunga detenzione di padre e nonno, in carcere rispettivamente a Udine e L’Aquila. Il 22enne fu pizzicato, come detto, per la vicenda di “Gattullo”. Decisive le dichiarazioni rese agli investigatori da A.S., il quale raccontò che, esattamente un anno fa, con il suo scooter accompagnò l’amico Davide Monti (anch’egli arrestato in “Chorus”) presso la profumeria di via Lecce. “A mia insaputa – disse A.S.- Monti piazzò un piccolo ordigno nei pressi della serranda della profumeria causando un danneggiamento” […] “Io sono scappato dopo la deflagrazione lasciando Monti in quel posto. Il motivo del gesto di Monti l’ho appreso nei vostri Uffici direttamente da lui. Mi ha detto che aveva avuto problemi col proprietario della profumeria per questioni di donne“.
Lo stesso Monti, in sede di interrogatorio, parlò di dissidi sentimentali: “Mi sono sentito offeso perché aveva contattato una ragazza che io sentivo in quel periodo. Allora ho comprato un ordigno su una bancarella a Capodanno”. La vicenda fu però smentita dal proprietario dell’attività commerciale e dalle stesse risultanze investigative.

Le vittime spiegarono che Rocco Moretti aveva chiesto loro “se per il fatto della bomba eravamo andati a piangere da qualcuno. Moretti disse che la bomba l’aveva fatta mettere lui e che entro un mese dovevamo iniziare a pagare pure noi la tangente. Io gli dicevo che gli affari ai negozi non andavano bene e lui replicava che avevamo tre negozi e che se non pagavamo ci faceva chiudere lui tutti i negozi. Gli dissi che sapevo che la bomba era stata messa per questioni di donne e mi ha risposto che gli autori del gesto non potevano certo dire alla polizia che si trattava di un tentativo di estorsione. Era stato lui stesso a suggerire agli autori di fornire quella versione in caso fossero stati scoperti”.
Sulla tentata estorsione di Moretti, la prova finale emerse dalle cimici piazzate dagli investigatori in sala d’attesa. Gli inquirenti captarono una conversazione delle vittime durante la quale risultò con chiarezza l’attività minacciosa del giovane criminale escludendo, di fatto, la storia della gelosia.