Emergono scenari inquietanti dalle carte dell’operazione “Chorus” a Foggia, in particolare relativamente agli atti intimidatori alla friggitoria “Mordi & Gusta” in piazzetta e alla profumeria “Gattullo” in via Lecce. Centrale nell’ordinanza firmata dal gip Carmen Corvino, l’interrogatorio di A.S., 27enne fermato dalla polizia in quanto coinvolto negli episodi.
“Si, sono il proprietario dello scooter “Aprilia Leonardo” e con questo scooter il giorno 4 gennaio 2019 mi sono recato presso la friggitoria nei pressi della Cattedrale in compagnia di un mio conoscente (Abramo Procaccini, in foto sopra, arrestato ieri ed ultimo cliente visto uscire dal locale quella sera, ndr)”. Le dichiarazioni di A.S. fornite alla squadra mobile. “Il mio amico quella sera mi ha chiesto di accompagnarlo in quanto, a suo dire, il proprietario gli aveva promesso una somma di denaro, proveniente dal risarcimento assicurativo, se avesse provveduto ad incendiare il locale. Il mio conoscente mi aggiunse che anche l’assicuratore era d’accordo. Pertanto – continua A.S. – siamo andati insieme a prendere una tanica di benzina che il mio conoscente aveva già provveduto a nascondere dietro un’autovettura. Con il mio scooter siamo arrivati alla friggitoria, io guidavo e indossavo il casco, il mio conoscente era seduto dietro senza nulla in testa e con in mano la tanica”.
“Mi sono posizionato all’angolo di via Arpi mentre il mio conoscente tentava di aprire la serranda in quanto aveva intenzione di appiccare il fuoco all’interno. Non riuscendo decideva di incendiare la serranda. Subito dopo ci siamo allontanati dal luogo. Voglio aggiungere che ho letto di un secondo incendio di maggiori proporzioni avvenuto alcuni giorni dopo alla stessa friggitoria, ma io non ho partecipato. A dimostrazione della mia completa sincerità vi voglio riferire che in data 7 gennaio, sempre a bordo del mio scooter ho accompagnato il mio amico Davide Monti (anch’egli arrestato ieri in “Chorus”) presso la profumeria Gattullo in quanto mi aveva chiesto di accompagnarlo per un servizio che doveva fare senza specificare i particolari. Giunti in via Lecce ho notato che Monti, a mia insaputa, piazzava un piccolo ordigno nei pressi della serranda della profumeria causando un danneggiamento” […] “Io sono scappato dopo la deflagrazione lasciando Monti in quel posto”.
Domanda: “Quando lei dice di un compenso proveniente dal risarcimento assicurativo sa di che cifra si tratta?”
Risposta: “No, non abbiamo parlato di ciò” […] “il mio conoscente mi aveva promesso una somma di denaro non specificando l’ammontare”.
Domanda: “Può confermarci che il suo conoscente era Procaccini Abramo?”
Risposta: “Alla luce di quello che mi avete mostrato non posso fare altro che confermare che si trattava di Procaccini Abramo” […] “Il motivo del gesto di Monti, invece, l’ho appreso nei vostri Uffici direttamente da Monti. Lo stesso mi ha detto che aveva avuto problemi col proprietario della profumeria per questioni di donne“.
Sull’ordinanza si evidenzia il livello “altamente credibile” delle dichiarazioni di A.S., riscontrate anche dalla visione delle immagini della sorveglianza.
Lo stesso Monti, in sede di interrogatorio, ha parlato di dissidi legati ad una donna: “Mi sono sentito offeso perchè aveva contattato una ragazza che io sentivo in quel periodo. Allora ho comprato un ordigno su una bancarella a Capodanno”. La vicenda è stata però smentita dal proprietario dell’attività commerciale e dalle stesse risultanze investigative.
Infatti la versione di Monti è stata sconfessata. I Gattullo hanno poi spiegato che Rocco Moretti, nipote dell’omonimo “Mammasantissima” del clan e figlio di Pasquale Moretti aveva chiesto alle vittime “se per il fatto della bomba eravamo andati a piangere da qualcuno”. “Moretti mi ha detto che la bomba l’aveva fatta mettere lui e che entro un mese dovevamo iniziare a pagare pure noi la tangente. Io gli dicevo che gli affari ai negozi non andavano bene e lui replicava che avevamo tre negozi e che se non pagavamo ci faceva chiudere lui tutti i negozi. Gli ho detto che sapevo che la bomba era stata messa per questioni di donne e mi ha risposto che gli autori del gesto non potevano certo dire alla polizia che si trattava di un tentativo di estorsione. Era stato lui stesso a suggerire agli autori di fornire quella versione in caso fossero stati scoperti”.
Sulla tentata estorsione di Moretti, la prova finale è emersa dalle cimici piazzate dagli investigatori in sala d’attesa. Gli inquirenti hanno così captato una conversazione delle vittime durante la quale è risultata con chiarezza l’attività minacciosa del giovane criminale escludendo, di fatto, la storia della gelosia per una donna.
La replica della titolare della friggitoria
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