Filomena Lamberti, devastata con l’acido dal marito, ha scosso tutti al Tribunale di Foggia, nel corso di un convegno dell’Ordine degli Avvocati, Camera Penale e Camera Minorile sulla violenza sulle donne molto partecipato e tecnico con i contributi degli avvocati de Martinis, Celentano e Treggiari e il pm Bafundi.
Esistono ancora “stupidi pregiudizi e ammiccamenti”, che fanno regredire la marcia delle donne verso i diritti. La storia della signora Filomena è emblematica dei ritardi della giustizia sulle contestazioni, sulla mancanza di referti medici, sulla pena riservata al violento. Una vicenda processuale molto paradossale, perché il marito ha avuto solo un anno e mezzo di carcere.
Perché non lo hai lasciato prima? Questa la domanda che la signora Lamberti si è sentita rivolgere in questi anni.
La sua testimonianza è stata molto vera, toccante e anche pedagogica.
Come ha raccontato, il marito era solito sempre picchiarla, ma fu il computer ad essere galeotto.
“Ti cancelli da questo coso, mi diceva. Odiava facebook. Tu sei in cerca di qualcuno che mi ammazza, mi disse. Risposi con una battuta: e che mi sono sposata a Briatore? Non so come la prese questa risposta. Mi disse: prenderò i miei provvedimenti. E mi denunciò alla questura di Salerno riferendo che stavo ingaggiando qualcuno per farlo ammazzare”.
Il punto di svolta è arrivato con la consapevolezza della donna. “Tra me e te è finita, mi voglio separare, annunciai. Da lì a poco si doveva sposare mio figlio quindi concordammo di separarci dopo”.
Una notte però tutto precipita. “Erano le quattro, venne vicino al letto e mi disse: guarda che ti do. E mi versò il liquido, colpendo il 70 per cento del corpo. Noi lo usavamo per sturare i tubi in pescheria, aveva premeditato tutto e aveva nascosto l’acido in garage. Lì nascondeva molte cose. Si andò a costituire. Ma il giudice ritenne di dargli i domiciliari, solo dopo scattò l’arresto. Dalla giustizia non ho avuto giustizia. Il mio è stato un processo velocissimo, il più veloce d’Italia. Il fatto è accaduto il 28 maggio, il 25 giugno ero ancora in prognosi riservata e si svolse il processo con patteggiamento”.
18 mesi la pena di reclusione, di cui scontati soli 15. “Non sono mai stata vista da nessuno, nemmeno l’avvocato che avevo nominato. Non si è mai fatta vedere al Caldarelli. L’applauso va all’avvocata che difendeva il mio ex marito, perché è riuscita a vanificare la mancata difesa perché io dormivo, i futili motivi. Mi viene chiesto se credo ancora nella giustizia..si, ci credo e voglio che la mia vicenda sia di esempio affinché gli errori giudiziari non vengano fatti”.
La signora ha scritto un libro insieme ad altre donne, dal titolo “Un’altra vita”. “Oggi vivo, per 30 anni ho sopravvissuto. Ho scritto al Papa e mi ha risposto con una bellissima lettera nella quale c’è molto la parola indifferenza che ammazza tutti noi. Nel mio caso, anche davanti alle mie urla, nessuno tra vicini o familiari ha mai alzato la cornetta. I miei figli nel tempo mi hanno contestato dicendomi: non dire che hai sopportato per noi. Cosa rispondere? Man mano che crescevate non avete fatto nulla per difendere vostra madre”.
Oggi Filomena Lombardi con la sua testimonianza va soprattutto nelle scuole per diminuire il gap di genere tra bambini e bambine. È lì che si deve incidere, a suo avviso.
“L’amore non è mai violento, è l’uomo violento che lo ammala. Non siamo contro gli uomini, siamo contro i maschi violenti”, ha concluso.