C’è attesa nel Pd per la festa dell’Unità che si terrà a Foggia, nell’isola pedonale allargata di Via Lanza, nella tre giorni del 14, 15 e 16 settembre.
La festa aprirà col botto, venerdì sera, con la chiacchierata tra il direttore della Gazzetta del Mezzogiorno Giuseppe De Tomaso e il governatore del Lazio Nicola Zingaretti (in alto in foto), per ora unico candidato alla segreteria del partito, supportato dagli orlandiani dell’onorevole Michele Bordo e da quel che rimane della corrente ispirata da Dario Franceschini, Area Dem. Nei giorni successivi dovrebbe arrivare anche Michele Emiliano, la cui visita è ancora in forse per impegni istituzionali.
C’è curiosità tra i militanti e dirigenti foggiani. Zingaretti al momento, col suo slogan “Piazza Grande”, che lancerà il 13 e 14 ottobre a Roma all’ex Dogana, non entusiasma troppo, in Puglia del resto c’è ancora troppa confusione, la partita regionale e il governo del Gladiatore, che ha annunciato di voler ricandidarsi, rallentano la discussione interna e la lunga analisi della sconfitta. “Per ora ho letto solo le sue interviste e alcune polemiche sul nome, non c’è ancora da parte di Zingaretti un programma preciso. Vedremo quali novità dirà qui da noi a Foggia, potrebbe scendere in campo Gentiloni, può anche essere che si arrivi per la segreteria ad un nome condiviso da tutti e si eviti la conta”, è il commento del consigliere comunale Alfonso de Pellegrino.
“Il congresso ha senso se diventa un grande processo popolare, nel quale noi chiamiamo gli italiani a riscrivere il futuro di questo Paese. Noni e leader sono gli ultimi problemi”, ha detto Zingaretti da Cortona, facendo un appello a tutti a tornare ad iscriversi. Sui social sono circolati alcuni attacchi contro la sua persona, mentre il Pd, stando ai sondaggi, non ha capitalizzato troppo tra i delusi della sinistra del M5S.
In Capitanata non è escluso che con Zingaretti possano ritornare nel Pd alcuni scissionisti, come fa capire più di un elettore di LeU deluso. La scelta è tutta strategica: meglio un asse che recuperi la sinistra o un posizionamento nella sfera di Macron?
Sono tiepidi, come si sa, i renziani, che attendono una candidatura alternativa a quella del presidente del Lazio. Bruciate ormai quelle di Matteo Richetti e Graziano Delrio, resta Teresa Bellanova, assai poco carismatica. “Tra i renziani è un work in progress, io credo che Matteo Renzi, nonostante sia ancora l’unico leader sulla piazza, faccia bene a non candidarsi, vedremo di cosa sono capaci gli altri. Per il momento Renzi deve far fare agli altri”, osserva il dirigente sanseverese Matteo Ianzano.
Sempre da San Severo, dove il Pd è più in salute al di là dei freddi numeri, arriva la visione dell’ex consigliere regionale Dino Marino: “Non credo di votare per Zingaretti, sto riflettendo. Con lui si tornerebbe alla ditta e sarebbe un errore. Si torna indietro con Zingaretti. C’è una personalità che non c’entra con il passato e quindi con il governo Renzi e viene dal mondo operaio e non ha la puzza al naso come a volta appare Calenda. Questa persona è popolare e ha in radicamento diffuso nella società. Si tratta di Marco Bentivogli, il segretario generale della Fim Cisl. Il sindacalista per me è l’unico che può dettare la linea di un’altra politica, puntando sull’innovazione e sul radicamento. Non possiamo limitarci alla soluzione della chiusura interna, con una sinistra parolaia , che non vede l’ora di andare con i 5 stelle. Rischiamo di perdere i ceti dinamici della società che possono essere determinanti per un progetto alternativo fondato sull’innovazione e il progresso. Per me un Paese non può essere sovrano se la sua politica mira all’assistenzialismo. Non é giusto andare a fare il subalterno a Casaleggio, per andare a vedere chi é più sinistra. Gli applausi a Fico ci portano a questo scenario”.