Si è chiuso ieri a Foggia l’ultimo dei processi per abusivismo in attività finanziaria celebratosi a carico di Pierluigi Chieffi, broker assicurativo e finanziario del capoluogo dauno, operante su tutto il territorio nazionale. Chieffi era stato coinvolto nelle indagini riguardanti il rilascio di polizze fideiussorie per la realizzazione di appalti di ogni tipo e in tutta Italia, che andavano dall’edilizia ai parchi eolici e fotovoltaici, emesse da una società inglese che nel 2010 aveva aperto una sede operativa in Italia: la Vikay Financial Service Ltd.
“La società – spiega l’avvocato Paolo D’Ambrosio -, pur non essendo iscritta nell’albo speciale della banca d’Italia dedicato ai soggetti abilitati all’ esercizio dell’ attività finanziaria e creditizia, aveva fondato la propria attività sulla normativa comunitaria emanata a tutela della libera circolazione di beni e servizi nel mercato europeo. E la pretesa della Vikay, nei primi anni, non aveva incontrato veti o obiezioni da parte di nessuno degli enti pubblici (regioni, province e comuni) ai quali le fideiussioni erano state consegnate quali beneficiari, e, tantomeno da parte di banca d’Italia che solo nel 2012 segnalò il difetto dei requisiti della Vikay e di altre società estere operanti nel medesimo settore. Ne nacquero una serie di indagini da parte della Guardia di finanza che coinvolsero i vertici della Vikay, Chieffi che ne era stato il principale intermediario sul territorio nazionale e persino gli imprenditori che avevano chiesto il rilascio delle garanzie fideiussorie”.
“Dopo una prima assoluzione intervenuta nel 2016 – continua – per un primo troncone processuale, ieri il tribunale di Foggia ha nuovamente dichiarato l’ assenza di ogni responsabilità a carico di Chieffi per avere intermediato nel rilascio delle polizze fideiussorie, ribadendo il principio che, nella complessa situazione normativa e di fatto nella quale ebbe ad operare, egli non poteva essere consapevole dell’ illegittimità della posizione in cui si trovava la Vikay”.
D’Ambrosio, si dice “soddisfatto della definitiva conferma dell’innocenza del proprio assistito, rimarcando tuttavia che nonostante l’ evidenza della situazione di apparente legittimità dell’ attività della Vikay, Chieffi è stato costretto ad affrontare lunghi ed estenuanti processi per dimostrare ciò che era evidente, ovvero la sua buona fede, fino a quando – conclude – non c’è stato l’intervento chiarificatore di Banca d’Italia. Da quel momento in poi, Chieffi aveva sospeso l’attività e questo era la chiara dimostrazione della sua non colpevolezza”.