

Niente remissione in libertà per Dina Francavilla e il genero Antonio Salvatore, detto “lascia lascia”. I due, vicini al clan Sinesi-Francavilla, sono tuttora ai domiciliari per le intimidazioni nei confronti dei titolari della “New Grieco srl”, proprietaria del noto marchio Proshop. L’accusa sostiene che le vittime subirono il ricatto degli arrestati cedendo merce per 30mila euro a condizioni economicamente inaccettabili. Si trattava di prodotti per la casa utili ad avviare il nuovo negozio della Francavilla. I giudici del Tribunale della libertà di Bari hanno rigettato il ricorso della difesa che chiedeva l’annullamento dell’ordinanza cautelare del gip e la scarcerazione dei due per mancanza di indizi.
Intercettazioni e testimonianze delle vittime avrebbero indotto i giudici a confermare la gravità delle accuse. Gli imprenditori taglieggiati, infatti, sarebbero stati costretti a scendere a compromessi perché avevano paura del clan foggiano, soprattutto a seguito delle pistolettate contro l’auto di Grieco e di un ordigno fatto esplodere presso il negozio Proshop di via Zodiaco. Ma per la difesa, non ci fu alcuna estorsione. Per l’avvocato di Francavilla e Salvatore fu una normale trattativa commerciale per la fornitura di merce. La donna pagò una parte della fornitura (due assegni da 5mila euro) ma in un secondo momento restituì la merce, quando nel settembre 2016 decise di chiudere l’attività rivelatasi poco remunerativa.
Secondo il legale della Francavilla non ci fu estorsione in quanto l’indagata pagò subito le successive forniture e versò due assegni per complessivi 10mila euro. Ma secondo l’accusa, la donna autorizzò a marzo e a giugno 2016 il pagamento di 2 dei 5 assegni, solo per coprire l’estorsione. Questo quando venne a sapere dell’indagine in corso e che le vittime erano state interrogate dai carabinieri ma non ci sarebbero prove a riguardo, la replica della difesa.