Riduzioni e accorpamenti voluti dal governo non hanno fiaccato l’animo dei ricercatori del Crea di Foggia, centro di ricerca e sperimentazione in agricoltura diventato punto di riferimento nazionale. Anzi, grazie all’ingresso nel consorzio internazionale per il sequenziamento del frumento duro, la Capitanata è entrata nel comunità scientifica che conta. Ciò che è stato fatto nel 2003 con l’uomo attraverso il progetto Genome Bioinformatics Group della UCSC, si sta replicando nel mondo agricolo per “arrivare a prodotti in linea con le esigenze del mondo moderno”.
“Puntiamo a migliorare i livelli di produzione, con particolare riferimento ad alcune aree come i Monti Dauni – ci spiega il ricercatore Leonardo De Vita -, e ad incrementare il valore proteico e la resistenza a patologie, infestanti e parassiti”. “Un Paese che fa del frumento duro un vanto a livello di produzioneagroalimentare deve necessariamente conoscerne la genetica. Questo vale per il grano, come per il pomodoro, l’ulivo o la vite. La conoscenza genetica delle piante fondamentali per il nostro Paese deve essere un asset strategico nazionale”, ha spiegato ad Agronotizie il direttore del Centro per la genomica ed ex direttore del centro foggiano, Luigi Cattivelli. “Detto molto semplicemente abbiamo preso il Dna del frumento duro, lo abbiamo spezzettato, sequenziato e rimesso tutto assieme. Quello che dobbiamo fare adesso è andare alla ricerca dei geni nel genoma e scrivere di fianco ad ogni pezzo del Dna a cosa serve. Questo è il lavoro che faremo nei prossimi mesi e massimo entro l’anno completeremo il lavoro”.
Il sequenziamento non è affatto semplice. Chi pensa al frumento come ad una pianta banale si sbaglia di grosso. “Il grano duro ha un genoma molto grande con circa 12 miliardi di basi e con oltre l’80% di sequenze ripetute”, spiega Cattivelli. “È un gigantesco oceano in cui sono sparsi 80mila geni che coprono in totale meno del 20% di tutto il Dna. Il resto è rumore di fondo che complica le analisi”.
In Puglia, i centri di ricerca passeranno ufficialmente da 7 a 3: chiusura per Lecce, Barletta ed una sede di Foggia, rimarranno in vita il viticoltura ed enologia a Turi (BA), l’agricoltura e ambiente a Bari e il cerealicoltura e colture industriali a Foggia. Di queste, solo quella in Capitanata sarà sede amministrativa mentre per quel che concerne le ex sedi INEA, rimarrà solamente una postazione in sedi ex-CRA oppure messa a disposizione da Regione, Università o altri Enti. L’obiettivo è quello di ridurre la spesa corrente in ricerca del 10%, per un ammontare complessivo che supera i 10,4 milioni di euro ottenuto con la chiusura delle sedi sul territorio (2,3 milioni di euro); centralizzazione degli acquisti (700mila euro); economie di scala (1,5 milioni); oneri per il personale (2,9 milioni) e riduzione affitti (3 milioni di euro).
“Quello che, in origine, era il piano di Matteo Renzi giunge ora in dirittura d’arrivo – commenta il deputato pugliese Giuseppe L’Abbate, capogruppo M5S in Commissione Agricoltura alla Camera – la spending review più volte annunciata a parole per tantissimi comparti, ad iniziare dalla politica, prende avvio da uno dei settori storicamente più martoriati e che, in realtà, avrebbe più bisogno di linfa e stimoli economici: ovvero dalla ricerca. È incredibile come si sia dimesso un commissario dietro l’altro perché i tagli concreti suggeriti agli ultimi governi non venivano poi attuati, dietro le pressioni delle lobby – prosegue L’Abbate (M5S) – mentre quando a pagarne le consegue doveva essere il mondo della ricerca, in questo caso in agricoltura, la scure dei tagli si è abbattuta drasticamente e senza ripensamenti. È un timore che paventavamo dal 2014 e che oggi diviene, purtroppo, realtà: senza ricerca come può il settore agricolo avere futuro?”.
In Puglia, rimarranno dunque aperte le sedi del CREA-AA di Bari che svolge studi e ricerche per la caratterizzazione, gestione sostenibile e modellazione spazio temporale degli ecosistemi agrari e forestali attraverso un approccio inter e multidisciplinare. Il CREA-CI di Foggia (sede amministrativa) che si occupa, con un approccio multidisciplinare, delle filiere dei cereali e delle colture industriali per alimentazione umana, animale e per impieghi no food, garantendo, attraverso anche il miglioramento genetico e le scienze omiche per la conservazione e la gestione della biodiversità, la valorizzazione delle produzioni. Il CREA-VE di Turi (BA) che si occupa di viticoltura con riferimento all’uva da tavola e da vino, inclusa la trasformazione enologica. Svolge l’attività di conservazione e valorizzazione del germoplasma viticolo nazionale. Infine, come detto, dell’ex INEA rimarrà solo una postazione del CREA-PB (Politiche e Bio-economia).con il “Piano degli interventi di incremento dell’efficienza organizzativa ed economica, finalizzati all’accorpamento, alla riduzione e alla razionalizzazione delle strutture”.