
L’ultimo round per la cessione dei complessi aziendali della Casa Divina Provvidenza (Bisceglie, Foggia e Potenza) è il “referendum” tra i lavoratori. Durante l’incontro di ieri a Roma, i sindacati non hanno firmato la piattaforma proposta da Universo Salute, rimbalzando la decisione alle maestranze che dovranno decidere entro la data ultima – 9 febbraio – per la chiusura del lungo procedimento di vendita che dura da 3 anni.

Il commissario Bartolomeo Cozzoli, ha diramato il verbale di consultazione nel quale sono presenti le “condizioni inderogabili per la sottoscrizione della pretintesa”. Le strade sono due: i libri verranno consegnati o all’unico potenziale acquirente o in Tribunale per il fallimento. La spada di Damocle, ora, pesa interamente sul capo dei 1500 dipendenti. Tutte le sigle sindacali, però, hanno accettato alcune condizioni basilari per la tutela del lavoro: la conservazione dell’articolo 18 e la stabilizzazione dei precari. L’imbuto, invece, continua ad essere la richiesta sindacale della conservazione dei super minimi e degli assegni ad personam.

“Per la prima volta abbiamo parlato di diritto del lavoro e di garanzie di tutela per tutti i dipendenti dell’Ente – ha commentato Luca Vigilante di Universo Salute -, per questo riteniamo di trovarci ad un vero punto di svolta. Sul piatto abbiamo messo tutto il possibile, dalla conservazione delle qualifiche alla cornice formale dei contratti. L’unico nostro interesse continua ad essere quello della completa tutela delle garanzie occupazionali e del salvataggio dell’ente che rischia il fallimento”. Dello stesso avviso il presidente del consiglio di amministrazione, Michele D’Alba: “Abbiamo fatto sforzi ulteriori rispetto alla piattaforma iniziale e non possiamo spingerci oltre – commenta -, il prossimo incontro deciderà il futuro delle strutture, in un senso o nell’altro. Una cosa è certa, il 12 scade il vincolo della nostra offerta, questo significa che se non ci sarà la firma ci ritireremo”.
Tra i sindacati, che all’unanimità hanno deciso di non firmare l’accordo, l’Usppi teme il “tentativo di strumentalizzazione all’interno delle assemblee”. “Ci opponiamo a chi proverà a strumentalizzare il futuro dei lavoratori – spiega Massimiliano Di Fonso -, perché dietro il ‘n0’ alla vendita c’è solo lo spettro del licenziamento ed il fallimento di un ente con più di cent’anni di storia. Non possono prevalere singoli interessi sindacali e i diritti di chi guadagna 5mila euro al mese rispetto alla gran parte della platea che sostiene la famiglia con 1200 euro”.
Dell’ultimo incontro romano si dichiara soddisfatta l’Ugl Sanità. “Soddisfatti in parte per l’intesa raggiunta sul salvataggio dell’Articolo 18 e rinuncia al Jobs Act come garanzia a favore della stabilità occupazionale dei lavoratori dei complessi aziendali di Foggia, Bisceglie e Potenza – afferma il segretario regionale Giuseppe Mesto – . Tuttavia, all’atto della chiusura del verbale consegnato al tavolo del mise, da una consultazione avuta con alcune sigle sindacali, si è deciso di non sottoscrivere al momento nessun accordo, prima di non aver sottoposto il tutto al vaglio dell’assemblea dei lavoratori”. “Con l’ultimo incontro – precisa il sindacalista – è stata raggiunta una prima parziale intesa tra azienda e il nostro sindacato. Si è così agevolata l’apertura di una nuova fase interlocutoria che auspichiamo venga prorogata, oltre il 13 febbraio, data prevista per il perfezionamento dell’atto di cessione aziendale. In ogni caso – conclude il segretario dell’Ugl -, riteniamo sia stato fatto il primo passo verso quel rilancio aziendale capace di trovare le chiavi della ripresa anche in vista di una stabilizzazione futura dei lavoratori precari, nonostante gli standard richiesti e la pressione imposta dal mercato competitivo della sanità privata. C’è infatti la volontà da parte della cordata foggiana di stabilizzare gradualmente i circa 100 lavoratori, tra infermieri e OS, convertendo i loro contratti a tempo in tempo indeterminato”.