Non riusciva a credere ai suoi occhi e a ciò che leggeva, il 43enne Carlo Minuti di Mattinata, titolare di una ditta individuale di lavorazione del ferro, quando si sono presentati a casa sua gli agenti del Commissariato di Polizia di Manfredonia per notificargli, non un avviso giudiziario qualsiasi, bensì e nientemeno un provvedimento definitivo di carcerazione per espiare una pena sino all’anno 2019, per il reato di maltrattamenti in famiglia legato a vicende passate che ricomprendevano fatti in imputazione del lontano 2006.
Da lì direttamente presso la Casa circondariale di Foggia, rinchiuso in una cella per quattro mesi, a scontare una detenzione definitiva per cui è stato condannato in contumacia e per tale motivo lo stesso ne sconosceva addirittura la sua esistenza.
Un brutto giogo del destino, con l’attività economica di fatto paralizzata e la propria vita ormai a ramengo.
Non solo, C.M. si è anche dovuto confrontare ed adeguare alle gravissime condizioni dei detenuti che si trovano nelle nostre carceri, dal sovraffollamento alla mancanza di spazi sino alle carenze croniche ormai a tutti note e più volte denunciate dall’indimenticabile “leone” Marco Pannella.
Problemi dimenticati e sepolti nel luogo in cui avvengono perché i carcerati non sono visibili, non hanno strumenti di espressione, di comunicazione, di manifestazione del proprio dissenso.
Non tutto però era pregiudicato e a tracciare da ultimo la via per uscire dall’incubo è stato il nuovo legale del detenuto, l’avvocato Pierpaolo Fischetti, del Foro di Foggia, il quale oltre ad ottenere per il proprio assistito l’agognata libertà e a dichiararsi soddisfatto del proprio lavoro, dichiara: “In questi caldi giorni agostani abbiamo lottato ancora più alacremente per far valere i diritti del nostro patrocinato anche grazie alla grande comprensione del personale e dei funzionari dell’Ufficio di Sorveglianza di Foggia per la loro intelligente assistenza e fattiva comprensione dei veri validi e cogenti problemi dei detenuti, i quali essendo all’ultimo stadio della complessa vicenda giudiziale non hanno altra voce che quella di noi avvocati che cerchiamo di tradurre le loro istanze e risolvere in parte i notevoli problemi cui versano giornalmente. Oggi per il mio assistito finisce un pesante tormento che verrà spazzato via definitivamente allorquando porremo in essere l’istituto della revisione del suo processo per far sì che anch’egli possa giustamente difendersi nel pieno contraddittorio delle parti e dimostrare che a volte la verità processuale non è proprio quella fattuale”.