Questione di verbi e di sue interpretazioni. Nello specifico di Erri De Luca, la parola è “sabotare”: “Appartiene alla democrazia, non la riduco a ‘danneggiamento’, quella linea Tav va sabotata, continuerò a dirlo per difendermi dalle manomissioni e dalla censura”. Sulle dichiarazioni contro la linea ferroviaria in Val di Susa lo scrittore è stato rinviato a giudizio. Scherza, ma non troppo: “Sono io la mia linea di difesa e questo fa disperare i miei avvocati che sono gli infermieri, ma non il dottore. Non ho concesso delega”. Racconta che la mente ripete in modo ossessivo il ritornello: “Sabotare la Tav, dopo la sentenza la faccio riposare”.
A Santa Chiara si apre il festival ‘Questioni meridionali’ e c’è pure un maxischermo nella piazzetta antistante. In sala è tutto pieno, la gente sta in piedi o si siede per terra. Dopo oltre un’ora, è De Luca che ferma il dibattito e chiude la serata, non prima di leggere i versi ‘Mare nostro’: “Noto un certo esaurimento delle energie soprattutto di quelli che stanno in piedi”. Il suo ultimo libro (‘La parola contraria’, Feltrinelli), un pamphlet che “serve fuori dai tribunali”, lo racconta non solo come sintesi delle dichiarazioni rilasciate a proposito del “sabotare” ma come un manuale contro “i poteri del momento. Per esempio il gasdotto di San Foca si farà nonostante molti sul territorio si siano espressi contrariamente, ecco questo vuol dire ridurre i cittadini a sudditi di un imperatore”.
L’istigazione a delinquere, di cui è accusato, “deriva da una concezione totalitaria della vita pubblica”. Quando dal pubblico qualcuno gli chiede una “parola contraria alla chiusura della biblioteca Magna Capitana”, sorride: “Non ho questa facoltà di istigare”.
Cenni alla satira, all’Islam e alla sua guerra interna di cui la strage di Charlie Hebdo è una delle espressioni: “L’Europa dovrebbe decidere da che parte stare, quale Islam vorrebbe scegliere”. Esprime solidarietà al giornalista Ruotolo “minacciato dalla camorra, sotto scorta, un uomo isolato che non è abbastanza difeso dalla sua categoria”.
La preghiera laica ‘Mare nostro’ l’ha scritta tornando a Lampedusa per far visita a quei pescatori che avevano salvato e tentato di salvare vite nella strage in mare. “Volevo fare un gesto buffo, simbolico, gettare sale come su una ferita”. Poi recita i versi.