Si è consumato oggi il primo atto della “guerra” tra il direttore generale dell’Asl di Foggia, Attilio Manfrini, e gli imprenditori della sanità privata. Da Piazza della Libertà è partita infatti la comunicazione alla Regione Puglia con la quale l’azienda prende atto della “volontà delle case di cura Villa Igea, San Michele e Case di Cura Riunite Villa Serena e Nuova San Francesco a non voler sottoscrivere gli accordi contrattuali relativi all’anno 2014”.
Un modo per dire a Bari: fate le verifiche necessarie sulle cliniche e decidete se sia il caso o meno di revocare l’accreditamento. Un fendente mortale, diretto a Paolo Telesforo e Potito Salatto, per la prima volta insieme per uno scontro complesso, che potrebbe tirarsi dentro il futuro di un ente che apparentemente non sembrerebbe centrar nulla: la sede foggiana del Don Uva. Nella partita di fuochi incrociati, però, a rischiare sono solo migliaia di lavoratori del settore. Il motivo è presto detto.
Questa fetta della sanità “privata accreditata” lavora con l’Asl (e dunque con la Regione Puglia) che, attraverso i contratti, rimborsa le prestazioni rese ai pazienti. Dunque, rientra in quell’importante capitolo di spesa (circa 7,5 miliardi di euro dei pugliesi) che ogni anno viene destinato ai bisogni di salute. Solo che, mentre le prestazioni vengono rese quotidianamente, gli accordi arrivano con ritardi clamorosi, spesso superiori ad un anno.

Di conseguenza, le imprese non sanno fino a dove spingersi con l’erogazione di servizi per non rimetterci di tasca propria. “Sicuramente ci troviamo in una situazione senza precedenti – spiega Telesforo -, è un vero e proprio atto di ritorsione che mette a repentaglio il futuro di 600 lavoratori. Non è certo un dispetto a noi imprenditori, perché in ogni caso possiamo ricollocarci, ma alle centinaia di famiglie che rischiano il posto di lavoro. Queste sono le conseguenze di chi sottopone un contratto a gennaio 2015, mentre doveva essere sottoscritto a gennaio, massimo febbraio del 2014. Lo stesso è stato fatto nel 2013, con il contratto firmato solo ad ottobre 2014″. Poi attacca direttamente Manfrini, sostenendo che avrebbe violato la legge anticorruzione: “Sono state affidate diverse consulenze ad un parente stretto, nonostante sia espressamente vietato dalla normativa”.
Ironico invece Potito Salatto: “È il primo atto doveroso e legittimo del direttore generale: ci hanno sottoposto un contratto ex post, dopo averci fatto lavorare con cifre completamente diverse basate sugli acconti – afferma a l’Immediato -. Poi è evidente che mi trovo costretto a fare 3 anni di cassa integrazione alla clinica San Michele di Manfredonia. A Bari – conclude – hanno chiarito quali sono le possibilità del management, sostenendo che le risorse economica per le case di cura ci sono. All’Asl di Foggia pensano invece di muoversi diversamente e noi ne prendiamo atto. Così si mandano a casa centinaia di lavoratori per le decisioni autonome di alcune persone…”.