“Pensare che possa continuare a sopravvivere a Foggia una Fiera del genere, solo dell’agricoltura, secondo me, è un nonsense”. A dichiaralo a l’Immediato è il presidente di Confagricoltura Foggia, Onofrio Giuliano, nella sparuta platea della cerimonia di inaugurazione della 65esima edizione della Fiera dell’Agricoltura di Foggia. “Ormai anche per i macchinari agricoli e per gli strumenti innovativi non succede più che si vada in fiera a conoscere le novità. Basta aggiornarsi su internet. È venuta meno quella opportunità di convegno, nel senso letterale del termine, di incontrarsi in un determinato posto per monitorare lo stato del proprio settore produttivo. Il sistema fieristico asiatico ha la supremazia perché è la fiera della tecnologia, che interessa tutto il mondo, la fiera dell’agricoltura di Foggia è la Fiera di Foggia, che interessa una fetta di territorio molto limitata. Per questo il declino è stato inevitabile”, ha commentato in riferimento al progressivo depauperamento dell’appuntamento che 50anni fa viveva il suo periodo più florido. “Avevo 11-12 anni quando venivo in Fiera con mio padre -rispolverando ricordi d’infanzia- e i visitatori venivano dalle più disparate zone. Ricordo auto targate Avellino o Benevento. Era la testimonianza di un interesse di una macroarea rispetto ad un evento che dava la possibilità di aggiornarsi su determinate innovazioni che potevano essere utili all’impresa. È inimmaginabile una Fiera che sia un entità filosofica alla quale si debba partecipare, non si sa bene per quale ragione. Oggi l’idea espositiva è ampiamente superata”, osserva Giuliano, recentemente eletto componente della giunta nazionale di Confagricoltura-; tutto è semplificato da tablet e pc, e se abbiamo bisogno di una macchina che ci aiuti a trapiantare il pomodoro andiamo a cercarla su internet, alle migliori condizioni di prezzo, comparando marchi e rivenditori”. La perdita di tono del quartiere fieristico foggiano è andata progressivamente ingigantendosi dagli anni Ottanta in poi. Prima di allora le ricadute positive erano percepibili, poi, con la moltiplicazione dei momenti di offerta, si è connotata sempre più come occasione persa.
“Se agli inizi degli anni Ottanta per vedere fresatrici, mietitrebbia o trattore si aspettava l’occasione della Fiera, per fare l’affare, da quella data in poi si è sempre di più imposta l’offerta di carattere personale, col rappresentante che veniva in azienda a proporre i prodotti. Poi man mano l’avanzamento della tecnologia con internet ha fatto giustizia di tutta questa roba qui. Con un click si ricerca il concessionario più vicino, setacciando il prezzo migliore. Non c’è più bisogno della Fiera”. Il numero uno degli imprenditori agricoli di Capitanata non nega che ci siano margini di business per l’ente fieristico prossimo alla privatizzazione, ma “l’agricoltura è il settore meno vocato”.
“È difficile che l’agricoltura possa investire su se stessa in esposizione. La Fiera di Foggia non è la Fiera della città di Foggia, per cui questi spazi rappresentano un’opportunità per tutto il territorio della provincia di Foggia. Oggi noi abbiamo l’Expo 2015, che è un’esposizione generale dell’agroalimentare italiano ed è una cosa che dovrebbe coinvolgere 20milioni di persone. È un’organizzazione che costa qualcosa che si avvicina al miliardo di euro e dietro la quale ci sono interessi enormi”. Per il perimetro fieristico del capoluogo dauno non ci si è mai attrezzati a piattaforma di riferimento nazionale perché “non c’è mai stata la possibilità di investire in innovazione del prodotto”.
“Se ci fossero investitori questo quartiere potrebbe tornare ad essere il punto di riferimento dell’agricoltura nazionale”, assicura il presidente Fedele Cannerozzi. Il massimo che questo prodotto vecchio di quarant’anni può ottenere è sotto gli occhi di tutti. “Spero che la gente di questo territorio -il desiderio di fine mandato- percepisca la possibilità della convenienza dell’investimento, oltre al fatto che la Fiera risponde anche ad esigenze di natura pubblicistica, e, in quanto espressione del territorio, le associazioni di categoria, piuttosto che gli enti, hanno interesse a mantener vivo questo quartiere. Sono convinto che investire in Fiera possa produrre degli utili. Agli investitori vorrei dire: Investite in fiera, perché c’è da guadagnarci!”.