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Home - Telefoni in cella, soldi per finanziare il clan e un regalo alla vedova di mafia: Pettinicchio accusa il suo boss

Telefoni in cella, soldi per finanziare il clan e un regalo alla vedova di mafia: Pettinicchio accusa il suo boss

Il collaboratore di giustizia ascoltato in aula nel processo sul traffico di cocaina a Vieste. "Denaro per pagare gli stipendi ai detenuti"

Di Redazione
1 Maggio 2025
in Cronaca, Gargano
Miucci e Pettinicchio

Miucci e Pettinicchio

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“Come mi pongo rispetto a Enzo Miucci? Subito dopo di lui”. Così Matteo Pettinicchio, 40 anni, di Monte Sant’Angelo, ha definito la propria posizione nel clan Li Bergolis-Miucci-Lombardone, tornando a deporre nei giorni scorsi in Tribunale a Foggia, in videocollegamento da una località segreta. Il collaboratore di giustizia, che ha iniziato a collaborare a febbraio scorso rivelando di essere stato per anni il numero due del gruppo criminale garganico, è stato interrogato in due distinti procedimenti.

Lunedì ha testimoniato nel processo Omnia Nostra, che vede alla sbarra 24 presunti affiliati al clan Lombardi-Scirpoli-Raduano; martedì, invece, ha parlato nel processo che lo vede imputato insieme a Enzo “U’ Criatur” Miucci, 42enne suo compaesano, e Claudio Iannoli, 49enne di Vieste. I tre sono accusati di aver smerciato, nel marzo 2021, 100 grammi di cocaina nel centro garganico, con l’aggravante mafiosa. Tutti e tre furono arrestati il 14 luglio 2023 su disposizione della Dda di Bari. Miucci e Iannoli hanno assistito all’udienza in videocollegamento dai penitenziari di Sassari e Parma, dove sono detenuti.

Intercettazioni in carcere e triangolazione dello spaccio

Pettinicchio ha confermato il proprio coinvolgimento nello smercio dell’etto di cocaina, indicando con chiarezza anche la responsabilità degli altri due imputati. “Le intercettazioni a nostro carico in questo processo sono chiare, c’è poco da interpretare”, ha detto. “Avevamo telefonini in carcere per tenerci in contatto”. Secondo la ricostruzione dell’accusa, tra dicembre 2020 e l’autunno 2021 i carabinieri hanno intercettato i contatti tra i tre garganici: Miucci e Iannoli erano detenuti a Terni, Pettinicchio a Lanciano. I colloqui avrebbero riguardato l’approvvigionamento e la cessione della droga, poi sequestrata a un giovane viestano arrestato in flagranza il 14 marzo 2021.

Il collaboratore ha raccontato che Davide Carpano — coimputato condannato in primo grado con rito abbreviato a 8 anni — si recò da lui in carcere dicendo di aver preso accordi con Miucci quando questi era ancora libero: prezzo concordato, 65mila euro al chilo. Pettinicchio ha spiegato che la cocaina fu usata in parte per “pagare gli stipendi ai cugini Claudio e Giovanni Iannoli, entrambi detenuti”, e in parte per “fare un regalo alla vedova di Girolamo Perna”, ucciso a Vieste a fine aprile 2019 durante la guerra mafiosa con il clan Raduano.

Gli equilibri criminali sul Gargano

La mappa tracciata da Pettinicchio ha confermato che il clan Li Bergolis aveva referenti diretti per lo spaccio in quasi tutti i paesi del Gargano, dai quali riceveva una percentuale fissa mensile — il cosiddetto “punto” — da destinare alla cassa comune del clan. A Vieste, ha dichiarato il pentito, l’alleanza era con il gruppo Iannoli-Perna, contrapposto ai rivali Raduano sostenuti dal gruppo di Manfredonia e Mattinata, Lombardi-Scirpoli.

Le dichiarazioni del collaboratore sono state acquisite d’intesa tra accusa e difesa. Il processo, iniziato a dicembre, riprenderà in estate con la requisitoria e le arringhe. Il pm aveva già chiesto, il 3 dicembre scorso, 12 anni di reclusione per ciascuno dei tre imputati. Dopo la collaborazione di Pettinicchio, l’istruttoria è stata riaperta per sentirlo in aula: probabile che ora la Dda confermi le richieste per Miucci e Iannoli, riservando uno sconto di pena al pentito.

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Tags: Li BergolisMiucciMontanaripettinicchio
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