Si infittisce il fronte della solidarietà attorno al sostituto procuratore di Foggia Roberto Galli, il magistrato che sabato sera ha visto finire nel mirino della criminalità la propria famiglia: ignoti hanno esploso colpi d’arma da fuoco contro l’auto della madre, parcheggiata in via Orto Sdanga a Manfredonia. Un gesto inquietante, che ha generato una valanga di reazioni pubbliche e istituzionali.
“Un gesto mafioso”
Tra i primi a intervenire pubblicamente è stata Libera, sia a livello locale che provinciale. “Nella serata della veglia pasquale – ricostruisce in una nota – colpi di fucile sono stati esplosi ai danni dell’autovettura della mamma del pm, alle 21, in un sabato sera di festa. In attesa che siano compiuti tutti gli accertamenti del caso, ci sentiamo però di considerare quanto accaduto un vile atto diretto a colpire una persona al servizio dello Stato e di tutta la comunità”.
L’associazione fondata da don Luigi Ciotti non ha dubbi sulla natura dell’azione: “Un atto che ha tutte le caratteristiche della mafiosità, compiuto da coloro che utilizzano il linguaggio della violenza per applicare i loro meccanismi di intimidazione e sopraffazione nella nostra comunità”. Libera ha anche lanciato un appello ai cittadini: “Chiediamo a chiunque abbia visto o sentito qualcosa di collaborare con le forze dell’ordine”.
La posizione dell’Anm
Parole altrettanto nette sono giunte dall’Associazione nazionale magistrati, che definisce l’episodio “un vile avvertimento in stile mafioso, inutilmente finalizzato ad intimorire un magistrato intransigente e coraggioso”. La giunta esecutiva centrale dell’Anm sottolinea come atti del genere rappresentino “una minaccia alla democrazia”, non soltanto un attacco personale.
“Roberto Galli – prosegue la nota – è da anni impegnato, insieme ai colleghi della Procura e del Tribunale, nell’affermare la legalità in un territorio ferito da un fenomeno criminale che lo Stato è impegnato a contrastare con la massima determinazione”.
Un magistrato in prima linea
Il pm Galli, originario proprio di Manfredonia, è titolare di alcune delicate inchieste sul territorio del golfo. Tra queste, anche quella denominata “Giù le mani”, che ha portato alla luce una rete di concussioni, peculati, violenze e pressioni ai danni di dipendenti dell’azienda rifiuti ASE. Un procedimento che coinvolge tra gli altri Michele Fatone, recentemente finito di nuovo ai domiciliari dopo un’aggressione verbale a un dirigente della stessa azienda.
Intanto proseguono le indagini dei carabinieri per risalire agli autori dell’intimidazione. Decisivi potrebbero essere i rilievi balistici effettuati dai Ris e le immagini delle videocamere presenti nella zona. Non si esclude alcuna pista, ma tutto fa pensare a un chiaro messaggio rivolto a un magistrato che da anni combatte in prima linea per l’affermazione della giustizia e della legalità in Capitanata.