Armando Li Bergolis, 50 anni, storico esponente del clan dei montanari Li Bergolis-Miucci e detenuto in regime di 41-bis nel carcere di L’Aquila, non potrà trattenere in cella fornello e pentole dopo le 20 e prima delle 7 del mattino. Lo ha deciso la Corte di Cassazione, dichiarando infondata la sua richiesta e confermando l’ordinanza del magistrato di sorveglianza che, lo scorso gennaio, aveva già respinto l’istanza.
Il ricorso, presentato tramite il suo legale Francesca Vianello Accorretti, contestava l’assenza di un contraddittorio e rivendicava il diritto del detenuto a cucinare anche fuori dalle fasce orarie previste dal carcere. Ma i giudici della prima sezione penale hanno chiarito che, pur esistendo un diritto soggettivo all’alimentazione, questo non risulta leso dal regolamento in vigore. Anzi, hanno ribadito che le restrizioni orarie nella cottura dei cibi non configurano alcuna discriminazione rispetto ai detenuti comuni e sono compatibili con la natura del regime speciale imposto ai capi mafia.
Una figura chiave nella mafia garganica
Armando Li Bergolis è uno dei nomi più noti della mafia garganica. Arrestato all’inizio degli anni 2000 nell’ambito della maxioperazione antimafia “Iscaro-Saburo”, è il secondo dei tre fratelli Li Bergolis detti “Calcarulo”, dopo Matteo (il maggiore) e prima di Franco. Tutti e tre sono nipoti del defunto Francesco “Ciccillo” Li Bergolis, capostipite e fondatore del clan nato a Monte Sant’Angelo.
Oggi Armando è detenuto in regime di isolamento rafforzato a L’Aquila, dove sconta 27 anni per associazione mafiosa. All’incirca la stessa pena fu inflitta a Matteo mentre Franco è all’ergastolo. Dal carcere, Armando Li Bergolis, forse il più influente e carismatico dei tre, aveva presentato l’istanza per poter disporre di fornello e pentole in cella anche di notte o al mattino presto, sostenendo che impedirglielo violasse i suoi diritti fondamentali.
La Corte: “Nessuna discriminazione, regole legittime”
La Cassazione, però, ha ribadito un principio ormai consolidato: “In strutture detentive come quella di L’Aquila, dove i detenuti comuni sono solo quelli impiegati nei servizi interni, è impossibile equiparare le condizioni dei reclusi in 41-bis a quelle dei detenuti ordinari”. E ha sottolineato che non c’è alcun obbligo per l’amministrazione penitenziaria di consentire la preparazione dei pasti in qualunque momento della giornata, essendo legittimo prevedere fasce orarie precise.
I giudici hanno riconosciuto che in passato un caso analogo aveva portato all’annullamento dell’ordinanza, ma hanno evidenziato che la giurisprudenza nel frattempo si è ulteriormente consolidata, escludendo qualunque violazione dei diritti fondamentali nella regolamentazione delle ore di utilizzo dei fornelli.
Rigetto e spese a carico del ricorrente
La Corte ha quindi confermato che il magistrato di sorveglianza aveva pieno titolo per rigettare l’istanza senza fissare udienza, trattandosi di richiesta manifestamente infondata, e ha applicato l’articolo 619 del codice di procedura penale, che consente la rettifica degli errori di diritto nella motivazione quando non alterano l’esito del giudizio. Il ricorso è stato respinto e Armando Li Bergolis condannato al pagamento delle spese processuali.
La decisione segna un altro capitolo nella lunga detenzione di uno dei boss più pericolosi del Gargano, un uomo che per anni ha gestito traffici, estorsioni e sangue tra Monte Sant’Angelo e i monti della Capitanata, lasciando dietro di sé una scia di violenza e terrore. Anche oggi, il suo nome continua a comparire tra i principali riferimenti di quella mafia feroce e silenziosa che da decenni insanguina il nord della Puglia.