“Gli elementi di prova su cui si fonda l’accusa a carico dei Rotice sono molteplici. Tutto riscontrato dalle dichiarazioni rese in sede di interrogatorio da Michele Romito e Angelo Salvemini“. Lo ha detto il pm Mongelli nel corso dell’udienza preliminare del processo “Giù le mani”, chiedendo il rinvio a giudizio per l’ex sindaco di Manfredonia, Gianni Rotice, il fratello Michele Rotice e altre sette persone.
“Da un audio – ha svelato Mongelli – possiamo sentire la voce di Gianni Rotice che dice all’ex assessore Salvemini di riferire a Romito di lasciar stare questa vicenda del ristorante Guarda che Luna, tanto si potrà costruire da un’altra parte”, riferendosi alla lottizzazione dell’ex Consorzio Agrario. Il pm si è chiesto quale potesse essere il senso di un’affermazione simile da parte di un sindaco rispetto a un comune cittadino, se non nell’ambito di un accordo preesistente. Secondo l’accusa, Rotice avrebbe proposto un compromesso, offrendo un’altra area per compensare la vicenda legata al Guarda che Luna con un altro investimento.
L’ipotesi accusatoria sostiene che l’obiettivo primario del presunto patto tra Rotice e Romito fosse quello di salvare il ristorante dallo smontaggio, in cambio di voti alle elezioni del 2021. “Ci sono stati tre incontri avvenuti prima delle elezioni – ha ricordato Mongelli –. Romito ha spiegato che prima del ballottaggio si incontrò con Rotice nei sotterranei dello stadio Miramare. In quella circostanza, Rotice si accertò che Romito lasciasse il cellulare fuori dal sotterraneo. Che senso ha una richiesta di questo tipo se non ci fosse stato nulla di illecito?”.
Il magistrato ha poi aggiunto che Rotice ha cercato di apparire come un paladino della legalità durante il suo mandato, impegnandosi per lo smontaggio del Guarda che Luna, ma lo avrebbe fatto solo perché sapeva che la struttura era attenzionata dalla Prefettura di Foggia e non poteva agire diversamente. “Ciò emerge in modo chiaro”, ha detto Mongelli, sottolineando come, per questi motivi, il quadro probatorio nei confronti di Gianni e Michele Rotice sia solido.
Il ruolo della ex segretaria comunale Galantino
Sul banco degli imputati, sempre per il caso Guarda che Luna, c’è anche l’ex segretaria comunale Giuliana Galantino. Il pm ha parlato di un “accordo corruttivo tra Salvemini e Galantino”, evidenziando come la stessa ex segretaria abbia confermato le pressioni subite. Tuttavia, il magistrato ha precisato che la collaborazione della Galantino non cancella il dato storico: “A fronte delle pressioni subite, scelse di ricavarne un’utilità per sé stessa. Non si trattava di costrizioni insuperabili, poteva denunciare e invece decise di ottenere un vantaggio da quel contesto”.
Il caso Ase e l’ex sindaco Riccardi
Il pm Galli si è soffermato invece sulla vicenda dell’Ase, l’azienda municipalizzata dei rifiuti di Manfredonia, descrivendo un sistema di prevaricazioni esercitate dagli ex dipendenti Michele e Raffaele Fatone, padre e figlio, soprannominati “Racastill”. “Le intercettazioni fanno emergere un sistema di potere”, ha spiegato Galli, sottolineando come Fatone sia risultato inattendibile, negando i fatti a lui contestati nonostante vi siano certificati medici sulle lesioni riportate dai colleghi dell’Ase.
Il pm ha poi citato conversazioni nelle quali padre e figlio facevano commenti ironici sulle aggressioni al responsabile del personale Manzella e su come pianificassero di fargli ritirare la querela, anche cercando di avvicinare la vittima al pronto soccorso tramite un parente. Riprese video hanno inoltre documentato l’uso dei mezzi dell’azienda per lavori nei terreni di Fatone.
Nel corso della sua requisitoria, Galli ha tirato in ballo anche l’ex sindaco Angelo Riccardi. Un’intercettazione ambientale nell’auto dell’ex primo cittadino ha rivelato un colloquio tra un tale Gino e l’allora comandante dei vigili, D’Anzeris, in cui si parlava dell’arrivo dei “quattro mafiosi”, riferendosi ai commissari straordinari inviati a Manfredonia dopo lo scioglimento per mafia del Comune. “Quelli sono tre fumieri”.
Dal canto suo, Riccardi avrebbe detto a Raphael Rossi, ex amministratore delegato di Ase e vittima di minacce da parte di Fatone, che si stava “fidando delle persone sbagliate”. Il pm ha evidenziato l’ironia della situazione, ricordando che questi modi di fare venivano da chi aveva diretto un ente poi sciolto per infiltrazioni mafiose.
Negli atti di “Giù le mani” spuntano anche altre intercettazioni con protagonisti Riccardi e D’Anzeris. L’ex sindaco diceva: “Devo vedere di far arrivare due lettere anonime al Comune. Volevo farle portare dalle persone al Protocollo. Lo sai che faccio? Prendo uno di fuori Manfredonia e lo mando a presentare… al Protocollo”.
Inquietante un’altra conversazione con protagonista sempre D’Anzeris e Riccardi che commentavano la notizia dell’auto incendiata ad un politico locale: “A quello solo la Panda? – diceva l’ex comandante dei vigili -. Gli dovevano mettere fuoco la casa. Solo la… la Smart gli hanno incendiato a quel coso fetente”.
Gli imputati e le accuse
A rischio processo ci sono nove persone: l’ex sindaco Gianni Rotice, il fratello Michele detto “Lino”, Michele e Raffaele Fatone, padre e figlio noti come “Racastill”, Michele Romito, Angelo Salvemini, Giuliana Galantino, Grazia Romito (sorella di Michele) e Luigi Rotolo.
Gianni e Michele Rotice sono accusati di corruzione elettorale, in quanto avrebbero chiesto voti a Michele Romito promettendo di salvaguardare il ristorante Guarda che Luna.
I Fatone sono accusati di una serie di reati legati al predominio acquisito nell’Ase, dove avrebbero aggredito e minacciato colleghi, utilizzato mezzi e attrezzature aziendali per scopi personali e intimidito il manager Raphael Rossi. Nel frattempo, Michele Fatone è andato in pensione e il figlio è stato licenziato.
Michele Romito e l’ex assessore ai Lavori Pubblici, Angelo Salvemini, avrebbero fatto pressioni sull’amministrazione comunale per evitare lo smontaggio del Guarda che Luna.
Grazia Romito, Rotolo e Salvemini sono accusati di aver indotto in errore la tecnostruttura del Comune per poter svolgere attività funebre nonostante un’interdittiva antimafia a carico della Romito.
Infine, Giuliana Galantino, che all’epoca era segretaria comunale, avrebbe accettato la promessa di un’utilità personale da parte di Salvemini, risolvendo un conflitto di competenza tra i settori V e VI del Comune di Manfredonia in senso favorevole agli interessi della Bar Centrale sas, titolare del Guarda che Luna. In cambio, Salvemini avrebbe redatto gratuitamente un esposto utile alla Galantino, sfruttando la sua professione di avvocato.