La Puglia è tra le regioni italiane più coinvolte nell’installazione di impianti di energia rinnovabile, ma la gestione di questo sviluppo sta sollevando aspre polemiche. A lanciare l’allarme è la LIPU, che denuncia una vera e propria devastazione ambientale causata dalla proliferazione incontrollata di parchi eolici e fotovoltaici, con il beneplacito delle istituzioni.
Secondo l’associazione ambientalista, il territorio pugliese sta subendo una speculazione territoriale e finanziaria senza precedenti, favorita da un sistema di incentivi che ha già destinato 240 miliardi di euro alle società energetiche. “La Puglia si distingue per ignavia e predazione sistematica dei suoi valori paesaggistici, naturali, storici e identitari”, afferma Enzo Cripezzi, rappresentante della LIPU Puglia.
La denuncia si concentra soprattutto sulla Capitanata, dove già oggi si contano quasi 1.700 pale eoliche, alte fino a oltre 200 metri, e migliaia di ettari di impianti fotovoltaici, con una continua espansione di elettrodotti, sottostazioni e strade di servizio. Un modello che si sta ripetendo anche nelle altre province, dalla pre-Murgia al Salento, fino al Tarantino, con decine di nuovi progetti in fase di autorizzazione.
La legge “Sfascia Puglia” e il rischio deregulation
La contestazione della LIPU si focalizza sul disegno di legge regionale 222 del 23 ottobre 2024, proposto dalla Giunta regionale in applicazione delle normative nazionali che impongono alle Regioni di individuare, entro il 2030, nuove aree idonee all’installazione di 80.000 MW di potenza rinnovabile, di cui ben 7.384 MW destinati alla Puglia, anche con impianti offshore.
Secondo gli ambientalisti, il testo della legge non solo non prevede nuove tutele, ma addirittura smantella il già fragile quadro normativo esistente, indebolendo il Piano Paesaggistico Territoriale Regionale (PPTR) e ignorando del tutto l’impatto su biodiversità, visuali paesaggistiche e contesti rurali. “Dopo anni di lassismo, ci si aspetterebbe uno straccio di responsabilità – sottolinea Cripezzi – e invece ci troviamo di fronte a un provvedimento che condanna a morte le residue aree rurali. È una legge ‘Sfascia Puglia’!”.
A peggiorare il quadro, il ricorso al TAR del Lazio presentato da alcune grandi società energetiche, che contestano il DM MASE del 21 giugno 2024, accusato di lasciare alle Regioni margini di manovra sulle aree da destinare agli impianti. In attesa della sentenza, prevista per il 5 febbraio, il Consiglio di Stato ha concesso una sospensiva solo sulle aree idonee, mentre gli iter autorizzativi continuano a procedere senza freni.
L’appello della LIPU: “La Regione ascolti i cittadini”
La LIPU ha inviato alla Regione un dossier di 70 pagine, con documenti e allegati che ricostruiscono oltre 20 anni di deregulation e i rischi futuri se il DDL venisse approvato senza modifiche. Gli ambientalisti chiedono correttivi urgenti, per rendere meno devastante l’ulteriore espansione degli impianti rinnovabili.
“La Regione dovrebbe portare rispetto alla comunità pugliese – conclude la LIPU – Giunta, commissioni e consiglieri la smettano di consegnare il territorio alla speculazione energetica, spacciata per transizione ecologica. Le contestazioni al disegno di legge siano prese in considerazione e si approvino i correttivi necessari!”.
L’associazione chiede dunque un’inversione di rotta, affinché la Puglia possa conciliare lo sviluppo delle rinnovabili con la tutela del suo patrimonio paesaggistico e ambientale, senza ripetere gli errori del passato.