A Gianni Rotice non gliene va bene una. Dopo l’indagine “Giù le mani” e l’interdittiva antimafia alla sua società, è arrivata anche la prima sconfitta contro l’Immediato, subissato di querele dall’imprenditore edile ed ex sindaco di Manfredonia. Ma lo “stalking giudiziario” nei confronti della testata si sta ritorcendo contro Rotice stesso che ieri nel tribunale di Foggia ha confezionato una magra figura.
L’ex primo cittadino si è presentato nell’aula 8 per essere sentito in qualità di parte offesa, convinto di esporre una serie di questioni per avvalorare la tesi della diffamazione a mezzo stampa. Ha letto la formula di rito per chi testimonia, ha esposto le sue generalità ma non è potuto andare oltre. L’esame, infatti, non si è mai svolto. La pm ha fatto subito notare un difetto di querela in quanto l’articolo contestato non citava Rotice, bensì un ex assessore e due consiglieri comunali dell’epoca, tutti al tavolo con un presunto narcotrafficante.
Rotice, davvero un campione di querele temerarie contro l’Immediato, presentò la denuncia interessando direttamente gli uffici legali dell’ente comunale, a spese della cittadinanza. Una inutile perdita di tempo visto l’esito lampo del processo che, in sostanza, non è mai partito. Questo il dispositivo di sentenza: “Non doversi procedere” nei confronti del direttore della testata “per difetto di querela”. La giudice ha sposato in pieno la tesi della pm e dell’avvocato de l’Immediato che già in fase di udienza predibattimentale aveva sollevato la questione. Peccato che lo strumento del “predibattimento”, nato per fare da filtro ed evitare processi stancanti e infruttuosi, non sia ancora efficace come dovrebbe.
Vani i tentativi dell’avvocato di Rotice, Lucia Murgolo, ieri in sostituzione di Grazia Pennella, di replicare a pm e difesa. Murgolo ha parlato genericamente di “persecuzione”, evidenziando che l’articolo oggetto del processo avrebbe colpito l’ex sindaco “nella sua onorabilità”. Una versione respinta al mittente e processo chiuso.