Trema il clan dei montanari Li Bergolis-Miucci, ermetica e impenetrabile organizzazione criminale garganica, da decenni al vertice della mafia del promontorio, con diramazioni nel Tavoliere e fuori regione, noto il rapporto con i calabresi Pesce-Bellocco.
Dopo il maxi blitz “Mari e Monti” con 39 arresti del 16 ottobre scorso, un membro del clan, il nome è ancora top secret, starebbe valutando di avviare un percorso di collaborazione con la giustizia. Si tratterebbe di una vera e propria bomba che potrebbe sconquassare i vertici del gruppo mafioso. L’aspirante pentito avrebbe già iniziato a fornire informazioni agli inquirenti che ora dovranno valutarne l’attendibilità per far scattare, eventualmente, il programma di protezione.
Finora sul Gargano sono emersi una dozzina di pentiti, ma tutti nel clan rivale Lombardi-Scirpoli-Raduano, nato con meno vincoli familistici ma soltanto per business e opportunità. Tra i montanari, invece, gli affiliati hanno sempre dimostrato massima fedeltà al clan, accettando anche pesanti condanne ma mantenendo il massimo silenzio su affari e omicidi. Ultimo esempio Giovanni Caterino, 44enne manfredoniano, condannato in via definitiva all’ergastolo con l’accusa di aver fatto da basista alla strage di San Marco in Lamis del 9 agosto 2017. Inutili i tentativi degli inquirenti di convincerlo a parlare, Caterino ha sempre risposto picche.
Se la notizia del pentito venisse confermata, i magistrati della Dda e le forze dell’ordine potrebbero davvero dare una svolta a tante inchieste in corso sui fatti di sangue degli ultimi anni, proprio a partire dalla mattanza dell’estate 2017. I collaboratori di giustizia dell’organizzazione criminale rivale hanno già dato alcune informazioni, indicando nei vertici dei montanari i mandanti e gli esecutori materiali del quadruplice omicidio. Se queste informazioni venissero confermate da un membro diretto dei Li Bergolis-Miucci, la Squadra Stato potrebbe realmente fare luce sul caso di cronaca più violento nella storia della provincia di Foggia.