Il Tar Puglia ha riabilitato la Aleasya Costruzioni S.r.l., società foggiana raggiunta da interdittiva antimafia il 9 novembre 2023. “Sperando che questo sia l’atto conclusivo di una brutta avventura che mi ha profondamente segnato nello spirito e, soprattutto, nel fisico”, il commento dell’amministratore. Il provvedimento è stato annullato dai giudici in seguito al ricorso presentato dall’azienda, rappresentata e difesa dagli avvocati Giacomo Valla e Roberta Valla.
“Primo aspetto che viene in rilievo ai fini dell’emessa interdittiva – è scritto in sentenza – attiene ad una denuncia per bancarotta fraudolenta dell’amministratore della società ricorrente, Adriano Bruno (classe 1967), nonché un arresto per i reati di concussione tentata e consumata ai danni di un imprenditore edile per la stipula di un contratto di locazione relativo ad un immobile da adibire a sede degli uffici giudiziari in Foggia, per il quale sarebbe stata corrisposta una tangente. Tali elementi, pur se in astratto di rilevante spessore criminale – si legge ancora -, non sono idonei a suffragare il più grave dei provvedimenti previsti dal Codice Antimafia. Invero, quanto alla denuncia per bancarotta fraudolenta il relativo procedimento veniva archiviato e, in ordine ai reati di concussione tentata e consumata, la Cassazione annullava senza rinvio la sentenza di merito, nei soli confronti di Adriano Bruno, per non aver commesso il fatto”.
Il Tar ha aggiunto che “tale assoluzione potrebbe essere presa, comunque, ad esame, laddove nel relativo procedimento penale fossero emersi elementi sintomatici della contaminazione mafiosa”. Ma in questo caso, il giudice ha evidenziato che “l’amministratore della società ricorrente non abbia apportato, alle condotte costituenti reato, alcun contribuito attivo, non avendo concorso a determinare in alcun modo all’adozione delle determinazioni degli autori della richiesta concussiva”.
Altro passaggio rilevante della sentenza si trova a pagina 12: “Deve darsi continuità all’orientamento secondo cui il pericolo dell’infiltrazione mafiosa, quale emerge dalla legislazione antimafia, non può sostanziarsi in un sospetto della pubblica amministrazione o in una vaga intuizione del giudice, che consegnerebbero questo istituto, pietra angolare del sistema normativo di prevenzione antimafia, ad un ‘diritto della paura’. Nel complesso, il provvedimento adottato dalla Prefettura di Foggia risulta viziato per eccesso di potere nelle forme sintomatiche della violazione del principio di proporzionalità e ragionevolezza delle misure di prevenzione, tenuto conto, in particolar modo, delle recenti modifiche legislative – delle quali si è avuto modo di fare menzione – introdotte nella materia oggetto di causa”.