Al termine della solenne concelebrazione eucaristica nella Basilica Cattedrale di Foggia, come da tradizione, Giorgio Ferretti, vescovo di Foggia-Bovino, ha guidato la processione del Corpus Domini per le vie del centro storico di Foggia.
Due le soste: la prima presso la sede dell’Università di Foggia in via Arpi, durante la quale si è pregato per i giovani, la seconda davanti al Municipio, dove si è pregato per la Città e i governanti.
Tra due ali di folla, la processione è giunta quindi in piazza XX Settembre, dove è terminata con il messaggio dell’Arcivescovo e la benedizione eucaristica.
Il messaggio di Ferretti
“Io sono il pane vivo disceso dal cielo”. Dice Gesù nel Vangelo di Giovanni di fronte alla sinagoga piena di gente, di fronte ad una folla stupita.
Tutti mostrano subito scandalo per il parlare di questo giovane Rabbì: “Come può costui darci da mangiare la sua carne?”. Ma da dove viene questo scandalo? Certo dall’attaccamento ad una tradizione, ma soprattutto dal fatto che quei uomini non sentono la fame, non sentono bisogno, apparentemente appagati dalla loro vita, non intendono abbassarsi a chiedere una spiegazione a Gesù delle sue parole.
Sì, sorelle e fratelli, se non si ha fame, non si può capire questo discorso di Gesù, che fu pronunciato in una società segnata dalla povertà, dove molti mendicavano il pane. Pensiamo alle folle affamate del vangelo per le quali Gesù moltiplica il pane. Pensiamo a chi nella nostra città chiede un pasto nelle nostre mense, lo scorso anno sono stati circa 22.000 i pasti dati dalle mense Caritas; questi aspettano una parola che è pane di vita. E pensiamo a come il grano costi e manchi in Africa. Manca il pane nel sud del mondo per la guerra, la speculazione dei ricchi, mentre i deboli, i bambini, muoiono di fame.
Questi disperati della terra sono coloro che aspettano una parola che è pane di vita; loro comprendono bene le parole di Gesù.
Davvero i poveri nel vangelo sono sempre più vicini alle parole del Signore, perché Gesù viene a sfamare un bisogno concreto degli uomini, e chi ha fame sta ad ascoltare, mentre chi è sazio lo giudica assurdo.
E così anche noi a volte soffocati dalle nostre sicurezze, dall’idea materialista che è vero ciò che vedo, ciò che compro o vendo, abbiamo giudicato assurdo il Vangelo, lo abbiamo considerato eccessivo, incredibile.
Ma questa sera fermiamo il ritmo della nostra vita per interrogarci e provare a comprendere questo discorso di Gesù.
“Io sono il pane vivente, disceso dal cielo” dice Gesù “Se qualcuno mangia di questo pane, vivrà in eterno. E il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo”. C’è un mistero grande nell’Eucarestia. Un mistero che affonda le sue radici nell’ultima cena di Gesù con i discepoli, quando trasformò il pane e il vino nel suo corpo e nel suo sangue.
Quell’ultima sera, davanti ai dodici allibiti, Gesù angosciato dalla morte, spezzò il pane e lo diede loro da mangiare: “Questo è il mio corpo, offerto in sacrificio per voi”.
Tutti mangiarono, nessuno osò contestare, obiettare, in quel grave momento tutti sentivano l’amore grande che sgorgava da quel gesto, l’amore che può sgorgare solo da chi dà la vita per gli altri, e questo faceva sentire loro amaro quel cibo. Chi altro nella storia dell’umanità ha potuto dire parole come quelle di Gesù: “Io sono il pane vivente disceso dal cielo”.
Ma di fronte a parole di amore così grande i sazi di ogni tempo hanno avuto paura. È lo scandalo di chi infondo in cuor suo capisce che Gesù decide di vivere una vita diversa, fuori dal conformismo, dal materialismo, dell’amore per sé, per spenderla invece per i propri simili.
E il pane spezzato nella Eucaristia ogni domenica significa proprio questo, una vita così, piegata ad amare gli uomini, a servirli fino in fondo, fino a spezzarsi.
Chi nel nostro tempo, sorelle e fratelli, vorrà seguire questa strada? Chi vorrà piegarsi sulla vita degli altri fino a spezzarsi? Fino a dare sé stesso da mangiare? Questo è lo scandalo dei sazi, dei conformisti.
Ma questa è anche la grandezza di Francesco di Assisi. Lui seppe rispondere a questo amore senza limiti offerto da Gesù. Lui seppe farsi povero, farsi pane, farsi Vangelo.
Scrive, come sappiamo, nel suo testamento del 1226, appena prima di morire: “Dello stesso altissimo Figlio di Dio nient’altro vedo corporalmente, in questo mondo se non il suo santissimo corpo e santissimo sangue”.
E per questo che la Chiesa si costituisce attorno alla Eucaristia. L’ultima cena del Signore costituisce infatti non solo l’Eucarestia ma anche la comunità dei discepoli.
Potremmo dire che è l’Eucarestia stessa che costituisce la comunità. Anche le nostre comunità. Nell’Eucarestia siamo liberi di riconoscere i nostri peccati, sentiamo la misericordia di Dio sulla nostra vita, possiamo rivolgere la nostra preghiera al Signore, ma unitamente a questo, ci guardiamo intorno e vediamo, sentiamo fratelli e sorelle vicini, che pregano con noi, che si stupiscono con noi della presenza del Signore, del suo Spirito.
Qui sentiamo la gioia di non esser soli sulla strada della conversione. Gioiamo di questo: il Signore non ci ha voluto soli, ci ha messo accanto dei fratelli, ci ha raccolto assieme a loro attorno alla tavola dell’Eucarestia.
Li possiamo guardare negli occhi ogni giorno, camminare con loro, servire assieme a loro il sogno di un mondo migliore, e ci sentiamo rafforzati da questa fraternità. Non siamo soli sulla strada della vita. Come nella processione di questa sera. Siamo insieme nel pellegrinaggio della vita.
Per questo preghiamo oggi e sempre per il Santo Padre Francesco, per la Chiesa, la nostra arcidiocesi, questa famiglia; preghiamo che il Signore accetti questo sacrificio della domenica che rivolgiamo a lui e ci protegga dal male, doni la pace al mondo.
Perchè con la Chiesa, anche noi sentiamo in bocca amaro il corpo di Gesù. È l’amarezza della sua sofferenza, è l’amarezza della sofferenza di ancora troppi uomini e donne nel nostro mondo. L’amarezza di un mondo che non sa darsi pace.
Nella liturgia sentiamo questa amarezza, nell’ostia spezzata sentiamo tante vite spezzate. Sono le vite dei bambini che non hanno pane, dei piccoli che muoiono sotto le bombe.
Per questo anche dal nostro cuore sgorga la preghiera dei discepoli di Emmaus: «Resta con noi Signore perché si fa sera». Si fa sera su tanti popoli del mondo, si fa sera sulla vita dei bambini indifesi, sugli anziani soli, sulle donne abusate, si fa sera su molti immigrati sfruttati in questo tempo anche nel nostro paese.
Ma ascoltando la preghiera dei discepoli di Emmaus, Gesù si fermò a cena ed essi lo riconobbero nello spezzare il pane. E così anche oggi il Signore ascoltando la preghiera che gli rivolgiamo, si ferma con noi, ci ascolta e crediamo che come ai discepoli di Emmaus, anche per tutti noi nella Santa Eucarestia spezzerà il pane che dà vita e donerà pace”.