“Landella mi chiamò dicendo che voleva incontrarmi. Poi mi chiese 300mila euro”. Così Luca Azzariti della Gi.One, la società interessata anni fa al mega appalto della pubblica illuminazione, uno dei casi finiti nelle carte dell’inchiesta sulla presunta “tangentopoli” al Comune di Foggia quando era sindaco Franco Landella.
Oggi Azzariti è stato sentito in tribunale nel processo a carico dell’ex primo cittadino ed altri esponenti di quella amministrazione.
Il manager ha essenzialmente confermato quanto già riferito agli inquirenti tempo addietro. Con Landella si sarebbe visto una prima volta in via Mandara e in una seconda occasione a casa di Azzariti. “Mi fece segno con la mano per chiedermi 300mila euro, rifiutati e la proposta dell’impresa venne rigettata”.
Stando alle carte dell’inchiesta, l’ex sindaco avrebbe compiuto “atti idonei in modo non equivoco a costringere Luca Azzariti, agente per conto della società Gi.One spa a consegnargli denaro, richiedendogli dapprima 500mila euro e poi 300mila euro”.
Come già raccontato da l’Immediato nelle settimane successive agli arresti, si interessò al progetto della pubblica illuminazione anche Michele D’Alba, imprenditore foggiano raggiunto da interdittiva antimafia per la società “Tre Fiammelle”. Azzariti ha ricordato di aver collaborato con D’Alba in passato. “Poi i rapporti si incrinarono. Sapevo del suo interessamento per il progetto della pubblica illuminazione, era un nostro concorrente”. A fine maggio nuova udienza con il controesame di Azzariti da parte dei legali degli imputati.
Il giudice dovrà anche sciogliere la riserva sull’utilizzo delle intercettazioni relative proprio al caso della pubblica illuminazione.
Gli avvocati di Landella hanno evidenziato che quelle conversazioni sono precedenti alla Legge Bonafede e l’iscrizione del politico nel registro degli indagati per questa vicenda sarebbe antecedente all’entrata in vigore della norma. Ricordiamo che nel 2019 l’ex ministro della Giustizia Bonafede ampliò la sfera d’utilizzo delle intercettazioni nei procedimenti per reati contro la pubblica amministrazione, anche mediante dispositivi elettronici portatili (come ad esempio i trojan).
Va ricordato che per tutti i procedimenti penali instaurati in data antecedente al 31 agosto 2020, l’utilizzo dei trojan nelle intercettazioni di conversazioni tra presenti è consentita solo qualora questi attengano a reati di criminalità organizzata o terrorismo.
A processo figurano Franco Landella, la moglie Daniela Di Donna, l’imprenditore Paolo Tonti, gli ex consiglieri comunali Dario Iacovangelo, Antonio Capotosto e l’ex presidente del Consiglio comunale Leonardo Iaccarino. Tra gli altri, il dipendente comunale Giuseppe Melfi, l’imprenditore Francesco Landini, Giada Pirazzini, Donatella Iaccarino, Giuseppe Casparrini e Potito Casparrini. Hanno patteggiato Marianna Tucci (un anno e 3 mesi) e Davide Saurino (un anno). Stralciata la posizione di Michele De Carlo, per lui fascicolo autonomo e giudizio separato.