“È in atto una guerra contro il grano italiano”, denuncia Gennaro Sicolo, presidente di CIA Puglia e vicepresidente nazionale di CIA Agricoltori Italiani. “L’incremento record delle importazioni da Turchia, Russia e Ucraina sta mettendo a rischio la nostra cerealicoltura. Senza Granaio Italia siamo disarmati: il nostro Paese è meta libera per importazioni selvagge e senza controlli”.
Le quotazioni del grano duro sono in caduta libera: martedì alla Borsa Merci di Bari il prezzo del fino è sceso sotto i 350 euro a tonnellata, mentre a Foggia ha toccato i 340 euro. “Le semine sono ai minimi storici”, aggiunge Sicolo, “si rinuncia a seminare grano e aumenta la dipendenza dall’estero”.
Serve un intervento urgente
“E’ necessario maggiore trasparenza sui mercati e il riconoscimento dei costi ai cerealicoltori italiani”, afferma Sicolo. “L’istituzione del registro telematico sulle giacenze dei cereali, Granaio Italia, è fondamentale per la tracciabilità, ma la sua entrata in vigore viene continuamente rinviata. Serve anche uno strumento che certifichi i costi di produzione per definire i termini di contrattazione”.
L’Italia è ostaggio delle importazioni
“Importiamo il 40% del fabbisogno di grano duro, il 65% di tenero e il 55% del mais”, denuncia Angelo Miano, presidente di CIA Capitanata. “Eppure, le quotazioni dei cereali sono sempre più mortificanti per gli agricoltori. In Puglia, dove si produce la maggiore quantità di grano duro italiano, la situazione è drammatica”.
Calo delle semine e raccolto ai minimi storici
I primi dati Cia sulle nuove semine segnalano un calo di 130 mila ettari di grano duro. A causa dei cambiamenti climatici, si prospetta un raccolto tra i più bassi di sempre. “Le aziende stanno abbandonando le colture”, afferma Miano. “Le istituzioni devono agire rapidamente. Il Governo deve dare risposte immediate e concrete”.
Una petizione per salvare il grano italiano
Oltre 75 mila persone hanno già firmato la petizione online “salva-grano” Made in Italy. “Non si trascurino i rischi economici, sociali e ambientali di questa crisi”, conclude Sicolo. “Non solo per il comparto cerealicolo, ma per l’intero Paese”.