Comitive di giovani e gruppi di famiglie stanno sperimentando il nuovo spazio ritrovato dei Campi Diomedei, il parco urbano foggiano divisivo per eccellenza, che incontra entusiasmo ma anche moltissime critiche. Non solo sui social.
Tra queste c’è da annoverare quella dell’architetto e urbanista Roberto Pertosa, che già in passato alla Gazzetta del Mezzogiorno aveva espresso i suoi dubbi sul progetto.
I suoi appunti, come spiega, vanno oltre le “corrette ma semplicistiche osservazioni dei cittadini che hanno immediatamente visitato il luogo appena inaugurato, ossia, quelle che riguardano ad esempio la mancanza di adeguate zone ombreggiate e quindi di un numero sufficiente di essenze alberate, o la presenza di panchine, a detta dei fruitori, scomode e troppo esposte al sole, problematiche comunque risolvibili anche a posteriori”.
Per Pertosa le insufficienze sono insite nel progetto. “Premettendo che i grandi parchi urbani sono sempre un’ottima prospettiva per il raggiungimento di una buona qualità di vita per una comunità, il concetto del ‘purché si facciano’ o del ‘meglio di niente’ o ancora del ‘bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto’ (insopportabile modo di dire tipico dei mediocri) è però ormai inaccettabile”, dice in premessa a l’Immediato.
“Le riqualificazioni, quando si ha l’opportunità di realizzarle, vanno sempre fatte nel giusto modo e nei tempi giusti, perché costano denaro pubblico e perché è giusto che i cittadini possano usufruirne nel giusto modo e nei tempi giusti”, aggiunge.
E prosegue: “Le valutazioni da sostenere devono essere invece di scala più ampia e riguardare la struttura morfologica di parco urbano che, in questo caso specifico, è stato purtroppo concepito con criteri ormai obsoleti che prevedono percorrenze prestabilite, piccole ‘autostrade’ infinite che costringono a una fruizione noiosa e banale, privo di stazioni passanti di ‘servizio’, di interconnessioni o luoghi che suscitano sorpresa o livelli prospettici interessanti. Uno spazio ‘verde’ non attrezzato, isolato e disconnesso non solo dal contesto, ma anche al suo stesso interno, che replica concetti antichi in cui sono assenti commistioni di attività diversificate, funzionali, contemplative e attrattive, e che risulta lontano dall’identificarsi come luogo urbano connesso all’interno di una città diffusa”.
Pertosa analizza anche la “morfologia delle percorrenze, che appare a circuito chiuso”. Se un cittadino volesse andare da via Guglielmi alla Villa potrebbe farlo attraverso i Campi Diomedei? “La risposta purtroppo è negativa, perché il parco non collega nessuna delle zone circostanti, ma rappresenta un’isola di 18 ettari a sé stante. Un intervento isolato e ‘decorativo’ in cui si può solo permanere, ma non transitare, a meno di inzaccherarsi le scarpe ovviamente, come e più di prima”.
L’architetto è netto: “Il parco costringerà a variazioni consistenti sul tema quando si renderà necessario un vero collegamento (a qualcuno potrebbe perfino balenare l’idea) alle aree immediatamente limitrofe (Villa Comunale, Teatro Mediterraneo, quartiere fieristico, zona Camera di Commercio, Polo Universitario). Infatti, senza modifiche sostanziali all’impianto in corrispondenza dei nodi di connessione, qualsiasi soluzione risulterebbe alquanto banale e funzionalmente inefficace. Collegamenti che risulterebbero quindi posticci e palesemente disconnessi con la struttura morfologica del Parco. Solo con un approccio adeguato alla portata dello spazio e all’importanza strategica del contesto si sarebbe potuto evitare la ‘creazione’ di una presunta ‘isola felice’, che felice non è, completamente disconnessa dalla città, e che sei obbligato a raggiungere appositamente senza una proiezione di spazi che si succedono in progressione e interconnessi. E comunque, anche valutando il disegno delle percorrenze fine a se stesso, esso non è nemmeno valorizzato dalla tipologia di illuminazione prevista, ossia puntuale, e non costante e adiacente, come sarebbe stato invece opportuno, che avrebbe sottolineato le linee ‘sinuose’ dei camminamenti, e quindi l’idea progettuale, qualora possa essere giudicata positivamente. Infatti i classici pali luminosi (assenti a quanto pare nelle zone a verde) non solo sono insufficienti, ma lasciano sgradevoli vuoti di luce lungo i percorsi”.