Giulio Regeni, il ricercatore italiano di 28 anni trovato morto al Cairo, in Egitto, il 3 febbraio 2016, nelle vicinanze di una prigione dei servizi segreti egiziani, non riesce ad avere giustizia. Il procedimento penale è in stallo dinanzi al giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Roma che sta tentando, senza successo, di procedere nei confronti dei quattro agenti dei servizi segreti egiziani sospettati di essere gli autori delle torture e dell’omicidio del nostro connazionale. Il processo è bloccato perchè il tribunale italiano non sa dove si trovino i quattro imputati e non può quindi notificare l’atto di citazione in giudizio. Una stasi la cui responsabilità è riconducibile dall’atteggiamento delle autorità del Cairo che non hanno mai fornito a quelle italiane le informazioni necessarie per rintracciare gli imputati.
“È un processo che ha avuto difficoltà sin dal principio – commenta Donatella Curtotti, direttrice del Dipartimento di Giurisprudenza -. Le autorità egiziane hanno assunto posizioni equivoche da subito, parlando prima di un incidente stradale, poi di un omicidio avvenuto nel corso di una relazione omosessuale e infine di un regolamento di conti tra trafficanti di droga. Dopo molti anni, nonostante l’assenza di collaborazione da parte delle autorità egiziane, le indagini preliminari della procura di Roma sono state chiuse, e nel maggio 2021 sono stati rinviati a giudizio i quattro ufficiali dei servizi egiziani ritenuti responsabili per sequestro di persona pluriaggravato, concorso in lesioni personali gravissime e omicidio. Ma, dal momento che il governo egiziano non ha mai fornito gli indirizzi dei quattro imputati, l’iter processuale è di fatto bloccato”.
“Forte è il rischio – continua Curtotti ricordando i contenuti della proposta d’inchiesta parlamentare -, che l’omicidio del giovane ricercatore italiano finisca per essere dimenticato, per essere catalogato tra le tante «inchieste in corso» o, peggio, per essere collocato nel passato da una ‘versione ufficiale’ della polizia o del governo egiziano”. È stata risolutiva, allora, l’istituzione di una commissione parlamentare di inchiesta sulla morte di Giulio Regeni, che ha concluso i suoi lavori attribuendo la piena responsabilità del sequestro, della tortura e dell’uccisione di Giulio Regeni direttamente sugli apparati di sicurezza della Repubblica araba d’Egitto, e in particolare sugli ufficiali della National Security Agency (NSA). “Regeni è stato rapito, torturato e ucciso dai servizi di sicurezza egiziani – ha commentato il presidente della Commissione, l’onorevole Erasmo Palazzotto -. Giulio è rimasto vittima di un sistema di apparato di un regime che continua a negare diritti e libertà e l’Italia oggi ha il dovere di elevare il terreno del confronto politico con l’Egitto”.
Delle attività e dei risultati della Commissione parlamentare ne parlerà a Giurisprudenza, mercoledì 19 aprile 2023, dalle ore 11, lo stesso Palazzotto. Nel seminario, introdotto da Angela Procaccino, si tratteranno anche i profili giuridici delle problematiche relazioni di cooperazione tra Italia ed Egitto e le conseguenze che hanno prodotto sull’iter giudiziario, con le relazioni di Gianpaolo Ruotolo (diritto internazionale) e Guido Colaiacovo (diritto processuale penale).