Tutta la crudeltà della mafia garganica nelle dichiarazioni di Tommaso Tomaiuolo, 27enne manfredoniano ritenuto dagli inquirenti vicino al clan Li Bergolis-Miucci-Lombardone, fedelissimo del boss Enzo Miucci.
La sit (sommarie informazioni testimoniali) di Tomaiuolo è sbarcata nel processo sull’omicidio di Omar Trotta, il giovane di Vieste ucciso in una bruschetteria il 27 luglio 2017. Le dichiarazioni di Tomaiuolo sono state acquisite nel procedimento penale a carico di Angelo Bonsanto e Gianluigi Troiano, accusati il primo di essere uno degli esecutori materiali dell’agguato, il secondo di aver indicato la vittima ai killer. I due sono imputati dinanzi alla Corte d’Assise del Tribunale di Foggia, a piede libero per questa vicenda. Ma mentre Bonsanto è comunque detenuto per altra causa, Troiano è latitante dal dicembre del 2021.
Altre tre persone, il boss Marco Raduano (latitante) e i pentiti Antonio Quitadamo e Danilo Della Malva, sospettati di aver preso parte con ruoli diversi all’omicidio Trotta, sono a processo in altra sede.
“Sono entrate nel locale due persone con viso travisato da casco da motociclista integrale, totalmente chiuso e con plastica-vetro nera ed armati di pistola e senza motivo si sono messe a sparare all’impazzata all’indirizzo di Omar Trotta e verso di me. Io per istinto sono fuggito all’esterno e sentivo solo sparare dietro di me. Vedevo che uno dei due mi rincorreva. Mi sono reso conto di essere stato colpito dopo aver visto che perdevo sangue”.
Sconvolgente il fatto che i killer, da verificare in sede processuale se siano stati due o solo uno, abbiano agito nonostante la presenza di una bambina. “La figlioletta di Omar stava seduta nel seggiolino vicino a me e al padre”, le parole di Tomaiuolo ai carabinieri.
“Tra me e Omar stava nascendo una bella amicizia ma non c’è stata alcuna frequentazione. Non so chi possa volermi così male. Non ho nemici e non ho sospetti su alcuno. Non riesco a capire perché mi volevano uccidere”.
A maggio la prossima udienza del processo Trotta quando saranno sentiti un perito e, soprattutto, il collaboratore di giustizia Danilo Della Malva. (In alto, foto archivio)