L’architetto Roberto Pertosa ci ha preso gusto nel consegnare, gratuitamente per l’amore per la città, idee progettuali che possano migliorare Foggia. Dopo le piazze rinnovate della testa di cavallo in centro storico, è la volta di alcuni altri poli urbani, come il quartiere ferrovia.
Per la zona più difficile della città, l’architetto ha in mente una visione olistica che riesca a scardinare la dimensione di ghetto urbano invalicabile.
Come si legge nella sua proposta, il progetto aspira a rappresentare una realtà superiore fatta di “irrazionale” allo scopo di rivelare gli aspetti più profondi della psiche in cui sogno e inconscio siano determinanti nella definizione di uno spazio urbano unico e inconsueto, e quindi di una civiltà contemporanea ed evoluta.
“Un automatismo psichico, ovvero un processo in cui l’inconscio emerge anche e soprattutto quando siamo svegli, in un rifiuto della razionalità cosciente e scontata, liberando le potenzialità immaginative per il raggiungimento di uno stato conoscitivo “oltre” la realtà in cui veglia e sogno sono entrambe presenti e si conciliano in modo armonico e profondo.
Una manifestazione “onirica” perché dà accesso a ciò che sta oltre il visibile come ribellione alle convenzioni culturali e sociali, che si traduce in una trasformazione totale non convenzionale dello spazio urbano, oltre i preconcetti, attraverso sollecitazioni visive e solide che modellano i luoghi in modo organico e parametrico, con una fantasmatica proiezione del “sogno” e del pensiero subcosciente o pre-cosciente verso una “visionaria” ma assoluta pseudo-realtà”.
IL METAPROGETTO
L’area di intervento appare particolarmente estesa, e per logici motivi di interconnessione, anche ben oltre i suoi naturali confini fisici, ed è pregna di problematiche di ogni tipo, prima fra tutte la vincolante e ormai prevalente connotazione di carattere veicolare che la investe e deforma, ancor di più dell’evidente degrado urbano che, probabilmente, ne è la conseguenza, perlomeno una delle cause.
Pertosa è netto sulla piazza della Fontana del Sele. “Attualmente persiste una palese alienazione urbanistica, e quindi anche sociale, di tutto il tratto da piazza Cavour fino alla stazione ferroviaria, e di tutte le relative diramazioni lungo il suo corso, accentuata proprio da quella sua ormai acquisita “vocazione” che al tempo stesso risulta scarsamente incidente, in contrapposizione alla marcata destinazione pedonale della dorsale di Via Lanza, per quanto quest’ultima banalmente concepita e disconnessa dal contesto. E la stessa Piazza Cavour risulta una sorta di crocevia di smistamento tra poli opposti della città, uno scenico spartitraffico di rappresentanza (nel 2024 il centenario della fontana del Sele), una vera e propria linea netta di demarcazione tra il presunto nuovo “salotto buono” della città (l’isola pedonale) e quello “antico” (viale XXIV maggio) ormai volutamente consegnato al ruolo di “ghetto” a tutti gli effetti. L’obiettivo della nostra proposta progettuale sarà quindi quello di ricucire finalmente questo rapporto tra due entità urbane appartenenti allo stesso apparato, ma che hanno paradossalmente intrapreso destinazioni diametralmente opposte”.
Secondo Pertosa il ruolo dell’Architettura a Foggia, città ancora senza Pug, dovrà essere innanzitutto quello di scongiurare l’alienazione in tutti i suoi aspetti, di ritrovare finalmente quella sua dimensione sociologica, antropologica, filosofica, quello spessore teorico progettuale che in un certo momento della sua evoluzione stilistica e storica aveva incredibilmente perso. Dovrà riscoprire l’importanza della cosiddetta filosofia del linguaggio attraverso iniziative di intelligenza collettiva.
“Il ruolo dell’Architetto, soprattutto in questo momento, dovrà essere sempre orientato all’impegno civile, al recupero di quella pratica intellettuale di una professione che deve essere quella di incidere con costanza, di orientare la società, di contaminare la concezione e la percezione dello spazio fisico a esclusivo favore di chi lo usa, generando alta qualità di vita. Deve riflettere sulla reale profondità, sul valore dell’azione architettonica, sulla struttura fine, e possedere l’esigenza di capire se tutto quello che accade sia secondo necessità e, se serve, avere una sua dimensione sociale che in tempi recenti, per usare un eufemismo, era stata abbondantemente sottovalutata. Deve unire l’utilità alla bellezza.
L’architetto dovrà tornare a essere un pensatore, un uomo di cultura, e non solo un costruttore che risolve i problemi del costruire. Dovrà ritrovarsi all’interno di un processo intellettuale che non può essere disgiunto dal processo dell’Architettura in un recupero delle competenze.
Il senso del progettare non può essere solo un assemblaggio di facciate o la scelta di un colore o di un materiale. Sarebbe come esaltare, in maniera piuttosto infantile, aspetti prettamente decorativi e insignificanti allo scopo di celare la carenza concettuale e l’inadeguatezza metaprogettuale che riguardano gli aspetti “morfologici” complessi. L’Architettura è un vero contenitore esistenziale, e quando si progetta un’opera si progetta contemporaneamente anche la città che la contiene, e ancor di più si progetta una civiltà, la cui definizione e determinazione risultano le finalità ultime di qualsiasi prodotto della creazione artistica”.