È uno stillicidio misto ad una mancata giustizia quello che sta subendo Matteo Pio Ciavarella, il dipendente del Consorzio per la Bonifica della Capitanata che anni fa denunciò i suoi colleghi di assenteismo e altri reati contro l’azienda presso l’impianto idrovoro di Palude Grande. Risalirebbe ad ottobre, ai suoi danni, un richiamo nel quale si segnala la presenza di estranei nel sito. E lo si rimbrotta per questo, laddove invece mai sarebbero stati presi provvedimenti disciplinari nei confronti dei presunti fannulloni.
In questi mesi il processo sta andando avanti a rilento, mentre Ciavarella lamenta che, nonostante le sue precarie condizioni di salute, il Consorzio lo ha trasferito in sedi distanti dalla sua abitazione di San Severo, difficili da raggiungere con mezzi pubblici.
Da grande accusatore Ciavarella negli anni ha anche denunciato il mancato smaltimento dei rifiuti nella zona di Lesina. Per sei anni, dal 2011 al 2016, i fanghi dell’impianto idrovoro non sarebbero stati mai smaltiti. Della vicenda si è anche occupata, senza risposta, l’attuale assessora al welfare della Regione Puglia Rosa Barone, chiedendo un accesso agli atti. Solo i forestali di San Nicandro si sarebbero interessati al caso, ponendo sotto sequestro la zona.
Intanto, nelle scorse settimane il processo ha visto come testimoni degli imputati dei quadri del Consorzio, cosa che ha indotto la famiglia della vittima a farsi alcune domande sull’esclusione di Matteo Pio Ciavarella dalla parte civile. Secondo il dipendente, la cui storia è stata raccontata anche dai media nazionali, i vertici dell’ente difenderebbero i presunti furbetti. Inoltre, i familiari del lavoratore sono adirati per le lungaggini del procedimento: “Sono passati sei anni, sta andando in prescrizione”.